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Alpi: senza sci metà impianti

(ANSA) - TORINO - Stagioni sciistiche lunghe cento giorni?

Una promessa difficile da mantenere dopo gli ultimi inverni secchi e poco nevosi, un'utopia per quasi meta' delle stazioni invernali delle Alpi (120 su 251), se la temperatura media globale dovesse salire anche solo di un grado. Lo sostiene uno studio condotto dall'Accademia Europea di Bolzano, fornito all'Ocse e illustrato oggi ad 'Alpi365', la biennale della montagna al Lingotto di Torino. Gli effetti del riscaldamento globale costringeranno gli operatori turistici a cambiare i programmi, con un'alternanza di periodi prettamente invernali, con piste coperte di neve e superaffollate, e altri caratterizzati da impianti chiusi e paesaggi brulli. ''Gia' adesso - ha sottolineato Luca Cetara, dell'Accademia Europea - un inverno sciabile lungo cento giorni e' una previsione affidabile solo per 167 stazioni invernali. Il turismo legato allo sci non morira', ma deve cambiare strategie. Con l'aumento di un grado della temperatura globale, il numero dei centri aperti per 100 giorni scenderebbe a 131, con una crescita di due gradi ne resterebbero 88''. ''Se, invece, si realizzera' lo scenario piu' pessimistico, l'incremento di quattro gradi - ha aggiunto Cetara - gli impianti aperti per 100 giorni resterebbe una previsione attendibile solo per 30 stazioni invernali alpine''. In Alto Adige ne resterebbero aperti sette, sei appena in Piemonte e Lombardia. Alternative possibili? Un aumento degli impianti di innevamento artificiale, lo spostamento delle piste sui versanti a nord o a quote piu' alte, lo spianamento delle piste per impedire lo scivolamento della neve. ''Interventi - ha sottolineato Cetara - che comportano grandi investimenti e hanno forte impatto ambientale. Quindi, con l'aumento delle temperature non resta che rassegnarsi a stagioni sciistiche piu' corte, programmare la fusione tra diverse aree sciistiche''. Meno neve sulle piste, ma anche ghiacciai sempre piu' ridotti. Luca Mercalli, presidente della Societa' Meteorologica Italiana, ha mostrato le previsioni: ''Con un aumento di 2 gradi della temperatura globale, resteranno solo poche calotte sul Monte Bianco e sul Monte Rosa. Sotto i 4.000 metri il ghiaccio scomparira''. E ha portato i dati dell'ultima estate: ''I ghiacciai alpini hanno perso un metro e mezzo di spessore, un altro passo verso il loro ritiro''. (ANSA).

Il 25 aprile: un giorno con la natura

Anche quest’anno, il circolo ha rinnovato la tradizione della gita naturalistica del 25 aprile.

Come ogni anno l’itinerario è stato naturalistico è storico culturale, infatti, nella mattinata abbiamo visitato il Parco Naturale di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane, nel pomeriggio abbiamo potuto ammirare lo straordinario paesaggio di Castelmezzano, uno dei 108 borghi più belli d’Italia. Partiti con un po’ di pioggia siamo giunta presso la sede del Parco verso le dieci e trenta e subito siamo stati accompagnati dalla guida a visitare uno dei luoghi più significativi del Parco: il Monte Croccia ad un’altezza di Mille e cento metri. L’importanza del luogo è dovuta alla presenza di un insediamento umano risalente al periodo tra il IV ed il VI sec. a. C. di cui è possibile ammirare ancora le mura di cinta della città. Il paesaggio davvero unico è dominato dalla caratteristica roccia affiorante dalle forme levigate dal vento, e dalla presenza di ampie zone boschive: la foresta di Gallipoli Cognato estesa per oltre 4.200 ettari, ed  il bosco di Montepiano formato da imponenti esemplari di cerro, macchia mediterranea con residui nuclei di leccio. Il Parco di Gallipoli Cognato deve il suo nome alla particolare conformazione del territorio in cui si estende, infatti è incuneato (da qui il nome cognato) in una valle che un tempo era dominata da una città chiamata Gallipolis. Dopo aver ammirato gli straordinari paesaggi dalla sommità del Monte Croccia abbiamo condiviso il momento del pranzo presso il Centro di Educazione Ambientale “la Ghiandaia” gestito dalla Legambiente Basilicata. A fine pranzo abbiamo visitato l’orto botanico e le “olfattiere” che sono delle piccole celle dove è possibile odorare alcune particolari essenze. Verso le quattro ci siamo diretti a Castelmezzano accompagnati dalla guida attraverso un percorso tortuoso ma dal paesaggio unico, dominato da rocce arenarie sagomate dal tempo che circondano il piccolo centro di Castelmezzano immerso nella natura. Dopo aver visitato la cattedrale e la piazzetta antistante abbiamo risalito l’intero paese percorrendo i vicoli scoscesi e scavati nella roccia sino ad arrivare  al punto più alto tra le vette montuose e godere della straordinarietà dei paesaggi, dei colori e delle atmosfere naturali create dalle rocce.Dopo siamo riscesi a salutata la guida abbiamo preso la via del ritorno. È stata una giornata davvero molto intensa che ci ha permesso di scoprire uno dei luoghi sicuramente più belli e suggestivi d’Italia, immerso in una natura conservata nel tempo nelle sue forme originarie. L’obiettivo che ci eravamo posti come circolo era quello di passare una giornata nella natura visitando un luogo straordinario vicino alle nostre zone ma ancora poco conosciuto, e sostenendo la cultura dal turismo sostenibile. Con questo spirito ogni anno organizziamo escursioni in luoghi partitari dalla bellezza straordinaria. Vi aspettiamo alla prossima gita. A presto. Il circolo

Un tuffo nel verde: gita al Parco del Partenio 2006

Mai come questa volta, un titolo come quello indicato per questo articolo sembra più appropriato per esprimere lo spirito che ha contraddistinto la gita naturalistica organizzata dal circolo di LEGAMBIENTE di Corato per la festa del 1° maggio 2006.  

Stavolta, certamente si esula dal rischio di scadere nella retorica, nel cercare di enucleare l'incanto offerto da una natura ancora incontaminata, sotto l'egida protettiva del WWF ITALIA - Sezione Sannio, come quella da noi visitata. Si tratta del PARCO REGIONALE DEL PARTENIO - OASI WWF MONTAGNA DI SOPRA, che comprende una parte del complesso appenninico campano, situato esattamente nel territorio del Comune di Pannarano, in provincia di Benevento. Una volta giunti a destinazione, ad una sommità di circa 1.500 mt. sul livello del mare, dopo un sentiero tortuoso, tutto in salita, che a tratti ha presentato qualche difficoltà di percorso (per questo, in proposito, raggiungibile, in pratica, esclusivamente in automobile e non a mezzo di pullman o autobus vari), siamo stati accolti da un operatore locale del WWF, Costantino Tedeschi, che ci ha introdotti alla visita di quell'ambiente naturale unico, di rara bellezza naturalistica e paesaggistica, attraverso un excursus storico ed una dettagliata spiegazione in merito alle origini ed alla evoluzione nel tempo, della creazione di siffatta Oasi da parte del WWF - Sannio.   Abbiamo, così, appreso che l'Oasi è stata creata nel 2000, che rappresenta un Sito di Interesse Comunitario, altrochè un vincolo paesaggistico nonché idrogeologico. La direzione tecnico-scientifica è, naturalmente, affidata al WWF in convenzione con il Comune di Pannarano e la cooperativa Celidonia. Riguardo alle attività che è possibile porre in essere, nell'ambito dell'operatività istituzionale dell'Oasi in oggetto, rientrano le visite guidate, anche per le scuole e gruppi organizzati, i campi di lavoro ed i campi di studio e ricerche. L'Oasi è, altresì, dotata di diversi sentieri di media difficoltà per il trekking e di percorso natura.   Questa presentazione di massima serve ad immetterci, poi, materialmente, nell'incantevole paesaggio montano della MONTAGNA DI SOPRA, nel cuore del PARCO REGIONALE DEL PARTENIO, estesa dagli 800 fino ai 1598 mt. s.l.m., raggiunti dai Monti d'Avella, vetta del massiccio.L'impressione subitanea che, al primo impatto, se ne ricava, è quella di immergersi come un vero e proprio tuffo nella natura, avvolti nel coinvolgente e tonificante abbraccio rivolto, all'avventore di turno, dal manto dal colore verde tenue costituito dagli sconfinati faggeti, che, sicuramente, attribuiscono, in primo luogo, quell'impronta inconfondibile che caratterizza tutto il paesaggio montano che si sta cercando di descrivere. Un paesaggio che concorrono, ulteriormente, a definire nei suoi contorni e lineamenti essenziali, man mano che ci addentriamo nella sua scoperta, una flora ed una fauna particolari, sebbene sempre rappresentativi di certo ambiente montano appenninico. Osserviamo, in tal modo, come il territorio dell'Oasi, sia coperto da una foresta caducifoglia montana, tipica dell'Appennino, in cui al faggio dominante si associa, nei siti più freschi ed ombrosi, il tasso nonchè, nei luoghi più umidi e meno elevati, l'ontano napoletano. Come sapientemente ci anticipava nella sua illustrazione del paesaggio la nostra solerte guida, in situazioni particolari sono sporadicamente presenti il tiglio selvatico, il carpino orientale, la carpinella, diverse specie di aceri, la roverella e, sparsi un pò ovunque, il sorbo montano ed il salice delle capre; mentre, sui costoni rocciosi più assolati ed esposti a meridione, è possibile trovare il leccio o, continuando a percorrere i sentieri che si aprono nell'Oasi, all'ombra dei faggi, è facile imbattersi nell'agrifoglio, anch'esso elemento caratterizzante della flora montana locale. Sempre più rapiti da questa sorta di estasi ecologica provocata dalla rilassante e rasserenante amenità dello spettacolo naturale propinatoci dalla montagna che ci ospita, ci rendiamo conto di quanto la flora di quota sia ricchissima, per cui delle 1162 entità floristiche censite sul PARCO NAZIONALE DEL PARTENIO, i costoni rupestri della MONTAGNA DI SOPRA contano vari esemplari.   Fra di essi, non si può non menzionare il giglio martagone, altra componente floreale tipica dell'Oasi, di cui assurge addirittura a simbolo e la rosa pendulina, che fiorisce sulle vette più alte, disegnando macchie rosso porpora in mezzo alle rocce. Proseguendo il nostro percorso naturalistico, scorgiamo che anche i lembi che ricoprono i canaloni propongono una flora ricca di entità interessanti come ad esempio, fra gli altri, il giglio rosso e varie specie di orchidee e campanule.   Ma l'Oasi MONTAGNA DI SOPRA non è soltanto flora, ma anche fauna, altrettanto caratteristica. Innanzitutto, ricca è la presenza di anfibi che, secondo quanto spiega la nostra guida, rivestono particolare importanza conservazionistica, in quanto risultano ormai in rarefazione in tutta la nostra penisola.   Lungo i diversi ruscelli e nei pressi delle sorgenti è facile notare una particolare sottospecie di salamandra pezzata, tipica dell'Appennino meridonale, denominata Salamandra s. gigliolii, mentre nelle zone aperte e nei siti più assolati fa capolino, fra le pietre, la lucertola muraiola e più a valle, anche se molto raramente, si può individuare il cervone.   Riguardo, poi, alla avifauna, ci viene evidenziato che sussistono circa 70 specie di uccelli che nidificano nell'Oasi, di cui è possibile veder volteggiare, fra gli altri, la poiana, lo sparviero, il gheppio, il corvo imperiale, il nibbio bruno ed il falco pellegrino. Nel corso del nostro agreste cammino, anche opportunamente aiutati dalle precise indicazioni apposte lungo tutto l'itinerario in programma, apprendiamo che, nella pressochè sterminata faggeta che continuamente ci si para davanti, oltre al fruscio del vento, è frequente udire il verso del picchio verde ed il tambureggiare del picchio rosso maggiore e che non è raro imbattersi, anche di giorno, nell'allocco.   Persino i pipistrelli fanno registrare la propria presenza con circa 8 specie diverse, rifugiandosi nel loro importante sito di ricovero, costituito dalla cosiddetta Grotta di Mattiuccio, un tempo utilizzata dai pastori per riparare le greggi.   Tra i mammiferi, sono presenti la volpe, la donnola, la faina, la martora ed il tasso (quantunque li abbiamo soltanto visti raffigurati in realistici disegni esplicativi, appositamente inseriti nelle indicazioni di percorso, non avendo avuto la fortuna di poterli “incontrare di persona” durante la nostra escursione).   Negli ultimi anni, sembra esser tornato il lupo, mitico protagonista di leggendarie lotte con i cani da guardia dei pastori, ma da sempre rispettato dalla gente del luogo.   A completamento della esposizione descrittiva di tale affascinante paesaggio montano, un breve cenno merita anche l'informazione concernente la struttura geologica dell'Oasi WWF MONTAGNA DI SOPRA, rispondente ad una natura prettamente calcarea che però, avendo subìto l'influenza dell'attività vulcanica del monte Somma-Vesuvio, ha, altresì, arricchito il territorio di materiali piroclastici, rendendo i suoli molto fertili, ma anche, purtroppo, estremamente fragili.   Da quanto si è avuto modo di conoscere nell'ambito della pur breve e riassuntiva descrizione che si è tentato di fornire precedentemente, sembra emergere che l'Oasi presenti una notevole complessità vegetale, annoverando specie legate sia ad un ambiente mediterraneo che appenninico.   I corsi d'acqua che ne solcano il territorio sono a carattere prettamente torrentizio. Dalle sorgenti, inoltre, tra cui sicuramente spicca la fonte Acqua delle Vene, sgorga ottima acqua oligominerale.   L'Oasi in esame assume, peraltro, una rilevante importanza anche sotto l'aspetto storico, culturale e folkloristico per tutto l'ambiente circostante, oltre che sotto quello naturalistico sin qui sottolineato, in quanto si pone quale centro propulsore di tutta la civiltà contadina locale, sviluppatasi sull'ala delle tradizioni montanare che si sono originate su queste splendide montagne appenniniche; tradizioni che, consolidandosi nel tempo, le hanno elette a punto di riferimento imprescindibile della vita sociale e culturale della comunità nonché della sua peculiare economia agricolo-montanara.   Per concludere degnamente tale tentativo di trasposizione mediatica della sorta di immersione bucolica nella natura testè approntato, è significativo riportare una citazione tratta dai creatori dell'Oasi in seno al WWF:   <<La montagna è un patrimonio ambientale prezioso ed insostituibile, che non abbiamo alcun diritto di sacrificare al nostro egoismo, ma dobbiamo tramandare ai posteri intatto, come ci è stato lasciato dai nostri predecessori>>.   Come ultima tappa della piacevole gita naturalistica e storico-culturale in argomento, si è prescelta l'ABBAZIA DI MONTEVERGINE, anch'essa situata nel comprensorio del PARCO REGIONALE DEL PARTENIO , a poca distanza dall'Oasi WWF MONTAGNA DI SOPRA.   Sempre in base a quanto ci insegnava la nostra guida WWF, l'ABBAZIA è una delle più grandi ed importanti di tutto il Meridione, fondata intorno al XII secolo da S. Guglielmo da Vercelli, monaco benedettino, mentre era diretto alla volta delle Crociate in Terra Santa.   L'ABBAZIA è ogni anno meta di numerosi pellegrinaggi e visite turistiche per via delle svariate opere d'arte che la caratterizzano, fra cui si porge all'attenzione la famosa Vergine Maria, risalente all'arte bizantina. Abbiamo, inoltre, potuto ammirare, al suo interno, la Cappella ricostruita, su di una preesistente base gotica, in stile barocco, contenente vari dipinti, bassorilievi e decorazioni di pregevole espressione artistica.   Di rilievo storico-culturale è da ritenersi una sorta di tomba vitrea in cui è esposta al pubblico dei visitatori la salma, ormai mummificata, di un altro monaco, che grande importanza ha rivestito nella storia dell'ABBAZIA, considerato praticamente Santo dai fedeli, ma non dalla Chiesa ufficiale, che, anzi, arrivando a tacciarlo di eresia, ha sinora teso a negargli la concessione della beatificazione.   Sorprendente appare il suo attuale stato di conservazione a partire dal XVII secolo, dopo quasi quattrocento anni dalla morte, senza aver subito manipolazioni chimiche o di altro genere da parte dell'uomo.   Merita, infine, di essere rilevata, nel novero delle attrattive contenute in siffatta ABBAZIA, anche sotto il profilo artistico, una considerevole collezione di Presepi, provenienti da molte regioni italiane, oltre che da diverse Nazioni del mondo, una sorta di Spaccanapoli in miniatura.   Nell'intento di sortire il risultato di aver suscitato un minimo di curiosità ed interesse in merito alle svariate iniziative promosse ed organizzate da LEGAMBIENTE CORATO, in cui sono ricomprese le gite ed escursioni naturalistiche e storico-culturali, del tenore di quella testè descritta, non nascondo il vivo proposito di auspicare una sempre maggiore partecipazione alle stesse da parte di soci, simpatizzanti e di quanti intendano comunque aderirvi in ordine alle più svariate motivazioni.

La Puglia, meta dei viaggi nell'età moderna

Il viaggio nella nostra società è un soggetto di grande attualità.

Si pubblicano guide, giornali, mappe multimediali e non mancano agenzie che avvicinano la domanda con l’offerta di spostamento da una parte all’altra del mondo, con vettori anche differenti.   Se andassimo a ritroso, si potrebbe parlare del viaggio nella civiltà occidentale, nel vero senso della parola, in chiave anche di pellegrinaggio, nel tardo Medioevo con il primo Giubileo nel 1300, indetto da Bonifacio VIII. Nel tempo si sono evolute anche le motivazioni culturali con la nascita delle prime università italiane: Pisa, Perugina, Siena, Salerno, Bologna e Napoli.   In chiave più letteraria, il viaggiare, non consisteva solamente nello spostamento, ma nel visitare, scoprire gli usi e i costumi dei popoli nel corso del tempo, cercare di trovare i segni della storia e delle civiltà, i monumenti, i beni e i reperti. Quest’ultima caratteristica fa parte della letteratura moderna e contemporanea. Probabilmente, l’esempio più illustre si può considerare il nostro Ludovico Ariosto, il quale nel “Furioso” affronta questa topica.   Lorenzo Magalotti ha stilato dei suoi resoconti dei suoi viaggi per motivi diplomatici, per questo è stato definito il” postiglione d’Europa” facendo conoscere per primo William Shakespeare in Italia. John Milton è stato in Italia si può dedurre anche tramite i “Viaggi di Gulliver”di Johanathan Swift, come il viaggio è inteso come un ampliamento delle conoscenze, che si acquisiscono con l’incontro, il confronto di sistemi e stili di vita. Giulio Verne, nei suoi romanzi, si riappropria delle varie conoscenze scientifiche e tramite il viaggio, anche il fantasticare si riprende i sapere dell’uomo.   L’ escursione, la gita, l’uscita in chiave contemporanea non è vista come un periodo prevalentemente di divertimento o di ferie, è vista in chiave antropologica – culturale, per fruire pienamente della storia, dei contenuti e dei valori del luogo che si andava a visitare. L’Italia è da sempre considerata la meta culturale per eccellenza, almeno nella civiltà occidentale, culla della conoscenza e delle grandi capacità che hanno saputo esprimere nella storia.   La Puglia è, da sempre il ponte naturale tra i Balcani, l’Asia minore e la Terra Santa. Molti viaggiatori, anche solo passando, hanno varcato la nostra regione, come, ad esempio, San Francesco o San Cataldo, o sono passati per istruirsi.   Molti viaggiatori dovevano agire in rispetto alle proprie possibilità economiche ( alcuni viaggiatori erano accompagnati da un loro piccolo staff composto da un tutor o gevernator, persone colte in diversi rami o conoscitori di lingue straniere e qualche volta anche da cuochi o maestri di tè). Essi alloggiavano in conventi, presso famiglie benestanti del luogo, poiché le locande dell’epoca erano poche e spesso poco accoglienti.   Naturalmente, le influenze letterarie, storico – architettoniche, classiche sono state il viatico e il richiamo dell’approfondimento culturale dei viaggiatori dell’età moderna: una persona colta doveva necessariamente conoscere parte del patrimonio culturale classico. La Puglia, con la sua stratificazione storica basata sull’avvicendarsi di dominazioni, ha rappresentato una sintesi molto interessante.   Per questo motivo, i vari visitatori sono rimasti impressionati dalla ricchezza delle risorse, non solo culturali, ma anche agricole, paesaggistiche e come queste non erano efficacemente utilizzate ( come lo sono tutt’oggi) per un miglioramento della qualità della vita e un migliore benessere economico. Anche sir Richard Hoare Colt nel 1789 ha visitato la nostra regione in compagnia del suo amico pittore italiano Carlo Labruzzi seguendo la via Appia.   Sir Colt ha studiato l’arte classica greco – romana ed alcuni autori latini, come ad esempio Orazio, lasciandosi influenzare dalle suggestioni classiche. Oggi sappiamo molto bene cosa resta di questo patrimonio: un ricordo e poche tracce di una cultura che non si lascia scalfire dal tempo e dagli interessi di pochi.

Itinerario a Corato e dintorni

La città di Corato è ubicata in una zona strategica tra l’altopiano delle Murge e il mare, tra le antiche vie dell’Appia Traiana che collegava Roma a Brindisi, in un percorso strategico per chi vuole spostarsi nella zona del nord barese.   Il territorio situato nell’entroterra  a Nord di Bari è in una zona tra le più floride  della Puglia dove primeggiano gli ulivi, spesso secolari, della specie “la coratina”, nella quale, nei vari centri urbani  primeggiano testimonianze uniche del romanico pugliese,che ha nelle sue varie ,splendide e bellissime cattedrali, monumenti unici di pietra e di stile. Partendo da Giovinazzo ,oltre la cattedrale monumentale che si affaccia sul mare, il centro storico è ricco di vicoli, si affacciano su resti di testimonianze composto da piccoli palazzi gentilizi , antichi conventi,case ,torri di avvistamento e di difesa, ricordiamo la trecentesca chiesa dello Spirito Santo. Molfetta, il Duomo Vecchio ,nei pressi del porto , ma anche il centro storico ricco di viuzze e palazzi . Nei pressi di Molfetta , il Pulo è una testimonianza della presenza dell’uomo in epoca preistorica. Bisceglie ha un centro storico ristrutturato di epoca Medioevale che si affaccia sul mare,con un castello ed antiche chiese:  Santa Margherita,la Cattedrale, San Adoneo; nel suo agro sono da visitare il dolmen e le grotte di Santa Croce. Trani ha nella sua cattedrale uno dei prototipi dell’evoluzione del romanico esaltato dalla bianca pietra locale, e nella piccola penisola di Colonna,on un’antica abbazia benedettina che sporge sul mare. Bello anche il centro storico pieno di negozi e locali di intrattenimento. Barletta , molto bella la cattedrale e il quartiere che si affaccia sul mare con un castello con un rinnovato giardino. Palazzo della Marra,barocco, ospiterà i quadri della collezione del De Nittis. Bellissimo il teatro Curci, con i suoi palchetti in legno; importanti sono anche la Cantina della Disfida , il monumento di Eraclio, la chiesa del Santo Sepolcro. A Corato sono importanti il Duomo, comunemente conosciuto come chiesa Matrice , la chiesa di San Vito,(romanica a croce contratta),considerata da più studiosi di storia dell’arte il prototipo del romanico in Puglia, il dolmen sito tra Corato e Bisceglie, le tombe neolitiche di San Magno, la chiesa gotico –romanica di San Domenico ; il centro cittadino, a forma circolare,  è circondato da alcuni palazzi neoclassici. Nei pressi è possibile visitare , il monumento della disfida tra i tredici cavalieri italiani e francesi ( tra Corato ed Andria, lungo la ex S.S 98) e a dieci chilometri Castel del Monte. Sulla via per  Castel del Monte è imponente il Santuario dell’Oasi di Nazaret. Ruvo di Puglia ha una delle cattedrali più belle della regione con un bel ipogeo , un centro storico ben tenuto. Il Museo Iatta è un contenitore culturale , ricco di testimonianze di epoca classica. Importante è la processione notturna degli Otto Santi nel corso della settimana Santa. Nell’entroterra Canosa, troneggia su un una collina , racchiude nella sua cattedrale una delle testimonianze più autorevoli del romanico,la tomba di Boemondo . Molto belli anche gli ipogei Lagrasta e resti romani e paleocristiani. Nei pressi Canne sito di notevole importanza storica. Bella Gravina ,con il suo centro antico,con la cattedrale di origine Medioevale, la chiesa di Santa Sofia, del Purgatorio, la chiesa –grotta di San Michele. Altamura è un  grosso centro agricolo ,in cui la romanico – gotica cattedrale , è al centro di un bellissimo centro storico. Il museo civico ha un percorso storico –culturale con al centro l’Uomo di Altamura,  e il sito dove sono state  rinvenute tracce dei dinosauri. Spinazzola  è a circa 400 metri sul livello del mare. Ha condiviso larga parte della storia dei più grossi comuni circonvicini. Da antica statio romana sulla via Appia, si trasformò ben presto in piccolo agglomerato urbano, che dopo la fine dell’Impero Romano subì innnumerevoli invasioni (Goti, Visigoti, Longobardi, Ungheri e Saraceni) per poi essere definitivamente fortificata in epoca normanna, e condividere poi la lunga storia del resto dei comuni della regione, fino alla dominazione spagnola. Punto d’importanza strategica quindi, legato alle sorti di Venosa in epoca romana. Un destino legato dunque ad altre città, alternativamente verso questo e verso quel versante, salvo forse il periodo di splendore in cui fu ricco feudo dei Ferrillo e dei Pignatelli (e nel 1615 dette i natali ad Antonio Pignatelli, futuro papa Innocenzo XII, il papa della bolla contro il nepotismo). Spinazzola fu ascritta alla contea di Gravina sotto i Normanni, per poi essere conferito al distretto di Matera all’inizio dell’Ottocento, e subito dopo, come si è detto, al distretto di Altamura della provincia di Bari. Venosa è adagiata su un pianoro a circa 415 metri sul livello del mare, alle cui falde scorrono il torrente Rendina ed il Lampeggiano o Fiumara di Venosa (forse il “pauper aquae Daunus” di Orazio). La città fu colonizzata dal console romano Lucio Postumio Megello nel 291 a.C. e la Via Appia (Regina Viarum), nel 190 a.C. fu prolungata fino a Venosa. Nel 65 a.C. si registra la nascita di Quinto Orazio Flacco. Nella guerra contro Cartagine il console Terenzio Varrone, sconfitto da Annibale a Canne nel 538 , si rifugiò con 700 cavalli a Venosa ma in pochi giorni riuscì a raccogliere un corpo di 4 mila uomini. Il console Claudio Marcello dimorò a Venosa e fu sconfitto da Annibale presso Banzi e ucciso. I suoi resti furono sepolti a Venosa. In età tardo-antica e paleocristiana la città subisce ripetute incursioni ostrogote e saracene; stimoli culturali provengono da bizantini e longobardi. Venosa fu allodium degli Altavilla, dinastia normanna che diede vita al primo regno unitario nell'Italia Meridionale. Ruggero il Normanno, nel 1133, la conquistò devastandola. Carlo I d’Angiò vi costruì il primo ospedale conosciuto per i soldati invalidi. Successivamente Venosa fu feudo dei Sanseverino, degli Orsini, dei del Balzo che, nel 1470, vi fecero innalzare il maestoso castello. Infine il feudo pervenne ai Gesualdo. La città custodisce nei variegati siti archeologici testimonianze tangibili dell'antica e Splendidae Civitatis Venusinorum.

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