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Pubblicato Lunedì, 11 Aprile 2011 00:00
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Pubblichiamo due contributi e riflessioni interessanti sul tema dell'acqua,con un approccio cristiano.
E' importante condividere altri aspetti per conoscere e per approfondire la tematica. Una campagna per il tempo di Pasqua promossa dalla Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita Acqua: dono di Dio e bene comune 1) L’acqua è uno dei grandi doni della creazione , tramite i quali Dio dona la vita a tutte le sue creature. Non a caso, gran parte delle religioni dell’umanità vede in essa un segno della presenza del Mistero e un simbolo di purificazione e rinascita. Lo stesso tempo pasquale invita a vivere alla luce del Risorto, scoprendolo come “sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv. 4, 14). 2) Noi stessi, come tanti altri esseri viventi, siamo fatti in gran parte d’acqua e dipendiamo dal suo continuo ciclo. L’acqua è quindi essenziale per la vita delle persone e l’accesso ad essa costituisce un “diritto universale inalienabile” ( Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa , n.485; cf. anche Caritas in Veritate n. 27). 3) “Il principio della destinazione universale dei beni si applica naturalmente anche all'acqua” ( Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa , n.484), ma la fruizione di tale diritto è preclusa a un gran numero di esseri umani, ponendo un grave problema di giustizia . Un quarto della popolazione del pianeta, infatti, non ha accesso ad una quantità minima di acqua pulita, mentre oltre 2,5 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base, determinando anche la diffusione di gravi malattie endemiche. 4) La campagna “Acqua, dono di Dio e bene comune”, una proposta cristiana al di sopra di ogni schieramento politico e ideologico, è un invito ad adottare stili di vita e comportamenti che tutelino questo prezioso bene comune, garantendone la disponibilità per tutti. Proponiamo alle Chiese locali, la costruzione di percorsi pastorali, adatti al proprio territorio, che conducano i cristiani a riscoprire lo sguardo di Francesco, che chiamava l’acqua “sorella”, rinnovando così coerentemente le proprie pratiche. Stili di vita amici dell’acqua 5) L’acqua è un bene prezioso e la sua accessibilità è limitata; dobbiamo quindi imparare ad usarla con sobrietà e senza spreco . Tante sono le pratiche possibili: scegliere la doccia al posto del bagno, non lasciar il rubinetto aperto quando ci laviamo i denti o facciamo la barba, o ancora evitare le perdite, applicare ai rubinetti i riduttori di flusso che fanno risparmiare acqua miscelandola con l’aria. 6) Occorre attenzione anche nella scelta dei prodotti che mangiamo e che indossiamo, preferendo quelli che richiedono meno acqua per la produzione. Teniamo presente, ad esempio, che la produzione di carne esige molta acqua (un chilo di carne bovina comporta in media l’uso di 5.500 litri, mentre un chilo di carne di pollo ne richiede 3.900 litri) e che ci vogliono 10.000 litri d’acqua per produrre un paio di jeans e 2 mila per una maglietta di cotone. 7) È importante privilegiare l’uso dell’ acqua del rubinetto , che è buona, controllata, comoda e costa poco. Il suo impatto ambientale è limitato anche perché non richiede né involucri in plastica, né trasporti inquinanti. In quelle situazioni in cui è assolutamente necessario l’uso dell’acqua minerale, andranno almeno preferite acque a chilometri zero (imbottigliate vicino a casa); si cercherà poi di acquistare confezioni grandi e/o in vetro per ridurre la produzione di rifiuti. Un diritto da tutelare 8) La possibilità di usare l’acqua del rubinetto richiede necessariamente che ne sia garantita la qualità da parte delle diverse autorità a ciò preposte. Una puntuale vigilanza in tal senso è parte della pratica di custodia del Creato cui sono chiamati i cristiani. 9) “L'acqua, per la sua stessa natura, non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale” La distribuzione dell’acqua ha dei costi, ma su di essa non si può fare profitto in quanto il diritto al suo uso si fonda sulla dignità della persona umana e non su logiche economiche ( Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa , n.485). L’acqua è quindi un vero bene comune , che esige una gestione comunitaria, orientata alla partecipazione di tutti e non determinata dalla logica del profitto. 10) Il diritto all’acqua deve dunque essere garantito anche sul piano normativo , mettendo in discussione quelle leggi che la riducono a bene economico. Sarà importante, quindi, partecipare attivamente al dibattito legato al referendum sulla gestione dell’acqua, che mira a salvaguardarla come bene comune e diritto universale, evitando che diventi una merce privata o privatizzabile, ma ripubblicizzandola mediante una forma di gestione pubblica e partecipata dei servizi idrici. Vivere l’acqua 11) “E mi mostrò un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che da frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni”. (Ap. 22, 1-2). Pasqua è tempo di vita nuova, nel quale siamo invitati a partecipare nello Spirito alla vita della nuova creazione. Contempliamo l’acqua – nella preghiera personale e comunitaria, come nelle pratiche - come un segno di quell’amore vivificante che Dio offre ad ognuno di noi ed alla famiglia umana. Manifesto firmato dalle diocesi: Acerenza Andria Belluno-Feltre Bolzano-Bressanone Brescia Campobasso-Bojano Carpi Cuneo-Fossano Fano Lanciano-Ortona Milano Padova Pescara – Penne Pistoia Reggio Emilia Senigallia Termoli-Larino Trento Treviso Venezia Vittorio Veneto Due uffici ma non la diocesi: Caritas di Faenza e Pastorale Sociale e del Lavoro di Como Una ricchezza da sottrarre alle leggi del mercato La Giornata mondiale dell'acqua di Gaetano Vallini «Facile come bere un bicchiere d’acqua» si dice a volte. Ma questo detto popolare non dev’essere familiare ai quasi novecento milioni di uomini, donne e bambini che nel mondo non hanno acqua potabile, e agli oltre due miliardi e mezzo di persone — circa la metà della popolazione dei Paesi in via di sviluppo — che vivono in condizioni igienico-sanitarie insufficienti a causa della carenza di risorse idriche. Eppure mancano appena quattro anni al 2015, data che negli Obiettivi di sviluppo del millennio la comunità internazionale si era prefissata per ridurre il numero di persone senza accesso sostenibile all’acqua, e alla sanità di base. Così ogni anno un milione e mezzo di bambini sotto i cinque anni muoiono per malattie legate alla carenza di risorse idriche. Inoltre, stando alle previsioni, dal cinque al venticinque per cento degli usi globali di acqua dolce probabilmente supererà nel lungo termine le forniture disponibili e entro il 2015 circa la metà della popolazione mondiale sarà chiamata ad affrontare una crisi legata alla mancanza d’acqua. La Giornata mondiale dell’acqua che si celebra il 22 marzo dal 1992 è l’occasione per fare il punto sulla situazione, anche in forza della risoluzione approvata lo scorso luglio dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite la quale ha sancito che l’accesso all’acqua è un diritto umano fondamentale. Più precisamente il testo «dichiara che l’accesso a un’acqua potabile pulita e di qualità, e a installazioni sanitarie di base, è un diritto dell’uomo, indispensabile per il godimento pieno del diritto alla vita». La comunità internazionale ha in sostanza riconosciuto, dopo più di 15 anni di dibattiti, ciò che era naturalmente evidente. Ma si sa, nelle faccende politiche ed economiche la sola evidenza non ha valore. Come è altrettanto noto che il riconoscimento di un diritto serve a tutelare i più deboli, perché i forti si tutelano da soli. E così, anche se la risoluzione non ha carattere vincolante, l’inserimento di questo nuovo punto nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo è sicuramente un passo importante per affrontare una questione sempre più drammaticamente urgente tra aumento dell’uso, sprechi, cambiamenti climatici, disparità nella distribuzione e nell’accesso. Il problema riguarderà in particolare i grandi centri abitati, e non a caso quest’anno il tema scelto per la giornata è «Acqua per le città: rispondere alle sfide della crescita urbana». Oggi un abitante su due vive in un contesto urbano e le città crescono a ritmi vertiginosi. Il 93 per cento dei processi di urbanizzazione avviene nei Paesi in via di sviluppo. La crescita urbana mondiale è rappresentata per lo più dall’espansione di quartieri poveri che procede a velocità straordinaria: si ritiene che entro il 2020 la loro popolazione aumenterà con una media di 27 milioni di persone all’anno a livello mondiale. Fermo restando che bisogna porre un freno all’uso irresponsabile delle risorse, il punto cruciale è quello della gestione. In tale senso, il secondo Forum mondiale dell’acqua, ha sollecitato «un profondo cambiamento se si vuole raggiungere un consumo sostenibile nel prossimo futuro». E allo stesso tempo, si aggiunge, «è essenziale dare potere (e responsabilità) alla gente a livello locale per gestire le risorse idriche» e quindi «una “democratizzazione” della gestione dell’acqua». Negli ultimi decenni, visto il tasso di crescita della popolazione, il servizio idrico ha incontrato difficoltà per la cronica mancanza di investimenti e interventi di manutenzione degli impianti. Ciò ha fatto sì che un numero sempre crescente di Paesi abbia affidato la gestione del servizio a società private. Il risultato è che il finanziamento degli investimenti decisi contrattualmente fra governi e gestori ha portato generalmente consistenti aumenti delle tariffe. Aumenti che hanno determinato in diversi Paesi poveri una forte conflittualità fra Stato, aziende private e società civile, a dimostrazione di come nessun diritto fondamentale riesca ad affermarsi senza conflitto sociale. Non solo. Gli esperti delle Nazioni Unite continuano a ritenere che, se le cose non cambieranno, con il passare del tempo sempre più conflitti verranno combattuti per l’acqua. E saranno guerre tra poveri, come la storia insegna. Se è vero che spesso per i poveri non è tanto la scarsità d’acqua in sé a portare sofferenza, ma l’impossibilità economica di accedervi, allora esiste, come ha ricordato il 24 febbraio il vescovo Mario Toso, segretario Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, intervenendo alla conferenza internazionale di Greenaccord a Roma, «un serio problema di indirizzo etico», perché, ha aggiunto rilanciando le parole del Compendio della dottrina sociale della Chiesa , l’acqua — diritto universale e inalienabile — è un bene troppo prezioso per obbedire solo alle ragioni del mercato e per essere gestita con un criterio esclusivamente economico e privatistico. Il suo valore di scambio o prezzo non può essere fissato secondo le comuni regole della domanda e dell’offerta, ovvero secondo la logica del profitto. Che è però quanto in più parti del mondo accade o si rischia in caso di privatizzazione, fino a giungere al paradosso che vede i poveri pagare molto più dei ricchi per quello che dovrebbe essere un diritto naturale. La via maestra è quella indicata da Benedetto XVI nel messaggio in occasione dell’Esposizione internazionale su «Acqua e sviluppo sostenibile» svoltasi a Saragozza (Spagna) nel luglio del 2008: l’uso dell’acqua «deve essere razionale e solidale, frutto di un’equilibrata sinergia fra il settore pubblico e quello privato». Ed è ciò che oggi la società civile chiede anche in alcuni Paesi occidentali, come l’Italia, dove presto si voterà un referendum che chiede di evitare di intraprendere la strada verso la privatizzazione dell’acqua. Un referendum che ha visto impegnate anche alcune realtà ecclesiali nel comitato promotore, segno dell’attenzione del mondo cattolico verso un tema delicato e cruciale. Si tratta di un’attenzione peraltro quasi insita nel dna dei credenti. Il perché lo ha spiegato proprio il Papa nel citato messaggi «Il fatto che oggigiorno si consideri l’acqua come un bene preminentemente materiale, non deve far dimenticare — sottolinea infatti Benedetto XVI — i significati religiosi che l’umanità credente, e soprattutto il cristianesimo, ha sviluppato a partire da essa, dandole un grande valore come un prezioso bene immateriale, che arricchisce sempre la vita dell’uomo su questa terra. Come non ricordare in questa circostanza il suggestivo messaggio che ci giunge dalle Sacre Scritture, dove si tratta l’acqua come simbolo di purificazione? Il pieno recupero di questa dimensione spirituale è garanzia e presupposto per un’adeguata impostazione dei problemi etici, politici ed economici che condizionano la complessa gestione dell’acqua da parte di tanti soggetti interessati, nell’ambito sia nazionale sia internazionale». I credenti sono dunque chiamati a contribuire a trovare una soluzione ai problemi legati alla gestione delle risorse idriche. A partire dalle campagne di sensibilizzazione. Come «Seven weeks for water: water, conflict and just peace» avviata per la quaresima dalla Rete ecumenica per l’acqua, un’organizzazione di rappresentanza di varie comunità cristiane e di ong, coordinata dal Consiglio ecumenico delle Chiese. Ma sono anche sollecitati a lavorare sul terreno. Ed è ciò che avviene in molte missioni e nei centri attivati da organizzazioni di volontariato, per affrontare emergenze concrete nelle situazioni più critiche del pianeta. In quei luoghi abbandonati — in attesa di decisioni che rendano finalmente giustizia ai poveri ed effettivo un diritto — uomini e donne, religiosi e laici, operano accanto alle popolazioni locali per costruire pozzi e piccoli acquedotti. Perché sanno che lì anche un solo, preziosissimo bicchiere d’acqua in più può fare la differenza tra la vita e la morte. (©L'Osservatore Romano – 22 marzo 2011) Altri contributi su: http://www.repubblica.it/ambiente/2011/02/25/news/l_acqua_resti_pubblica_appello_di_greenaccord-12886652/