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Nuova sezione: Legambiente Solidaretà

Legambiente Solidarietà.

Benvenuti! La sezione solidarità si propone di condividere con i visitatori del sito argomentazioni inerenti ai problemi sociali come salute, immigrazione, povertà e quant'altro.

Coraton 2004: sempre più solidale

In Italia ha un’incidenza intorno a  uno su cinquantamila, è una malattia rara e colpisce persone di ogni , ma soprattutto vengono colpiti i bambini.

Questa patologia causa alterazioni che si vengono a creare nei tessuti in cui si viene ad avviare un infiltrato infiammatorio di cellule chiamate di Langerhans. L’eziologia e la genesi della malattia sono finora sconosciuti. La malattia si palesa in forme assai lievi, come eruzioni cutanee, ma si possono avere anche forme più gravi ed interessare organi vitali come polmoni, fegato , cervello ed ,in questi casi, questa patologia può essere  letale. L’AIRI (Associazione Italiana per la Ricerca sull’Istiocitosi a Cellule di Langerhans) è nata a Mestre in Italia 2002 a Mestre,con lo scopo di dare un riferimento ed un sostegno per i pazienti affetti da questa malattia ed alle loro famiglie, e per finanziare un gruppo di ricerca medico-scientifico. A Corato è sorta la sede regionale della Puglia, grazie all’impegno dei coniugi Angelo Domenico Torelli e Claudia Balducci. Avendo avuto un caso in famiglia, si sono documentati , informati ed hanno intrapreso questa attività sociale. Per cercare di sensibilizzare la popolazione e per raccogliere fondi per la ricerca, è stata organizzata una serata di beneficenza in una sala ricevimenti qualche giorno prima di Natale. I coniugi hanno coinvolto una serie di artisti locali per intrattenere il pubblico intervenuto numeroso, ha apprezzato  la serata, con l’avvicendarsi di momenti culturali. Sono intervenuti, tra gli altri, il magistrato-scrittore Gianrico Carofiglio, che ha letto un breve racconto, la poetessa locale Luisa Varesano, il percussionista Cesare Pastanella, il musicista-musicoterapeuta Luigi Palumbo, il musicista Pierluigi Balducci, il tenore coratino Aldo Caputo, allievo di Katia Ricciarelli e reduce da esibizioni in varie parti del mondo, ma anche la sana ilarità di un comico clown dell’UNITALSI Oleandro che ha intrattenuto i più piccoli, ma anche i più grandi con le sue esilaranti gags. La maratona benefica ha visto anche una serie di patrocini di istituzioni e di aziende, che in vari modi hanno fornito il loro contributo affinché la serata si svolgesse nel modo migliore possibile. Il sindaco di Corato Luigi Perrone ha apprezzato le finalità della manifestazione benefica ed ha incoraggiato i responsabili nel loro impegno, affinché si possano sempre di più prodigare nel loro lavoro sociale. I coniugi Claudia Balducci e Angelo Domenico Torelli.   Per saperne di più: www.istiocitosi.org  e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.  tel.0808722797Sito per conoscere le malattie rare : www.aidweb.org

Solidarietà e numeri

Popolazione extracomunitaria regolarmente iscritta in anagrafe riferita a Corato al 31 maggio 2004 M. 289 F. 245 Di seguito i dati in formato pdf: clicca qui 

Una testimone ed una storia

Qualche anno fa accompagnata da suo figlio Silvio era venuta a Corato per parlare di pace nel mese della pace nel 1997, invitata in quella circostanza dall’Arcidiocesi di Trani- Barletta- Bisceglie, insieme con don Tonino Palmese che parlò del pensiero di don Tonino Bello. La sua testimonianza delle torture nei lager nazisti commossero i giovani che parteciparono nella palestra del “Cesare Battisti” a questo incontro. Era sopravvissuta agli orrori ed alla barbarie, portando sulla sua pelle il marchio indelebile di questa esperienza così dura, lei che era così fragile. Aveva visto morire la sua famiglia,ci aveva detto di non dimenticare,non solo per avere il vizio della memoria, affinché determinate efferatezze non potessero più ripetersi nella storia. Dopo la guerra, Elisa sposò un commerciante di Manduria e si trasferì in Puglia. Per circa un quarantennio alzò una coltre di  nebbia sul suo terribile passato,ma ,poi,decise di parlare, di raccontare ciò che lei insieme a milioni di ebrei hanno vissuto nei vari campi di concentramento, delle sevizie degli aguzzini,del miracolo della sua vita per trasmettere ai più giovani il mistero e la bellezza della stessa vita. Dagli inizi degli anni Novanta, Elisa Springer iniziò a tenere incontri conferenze , dibattiti ,incontrare i giovani, specie nelle scuole, a riferire dei deliri dell’egoismo dell’uomo, delle aberrazioni e degli orrori della violenza gratuita e della morte cruenta . Scrisse il “Silenzio dei vivi”(edizioni Marsilio 1997), ristampato più volte,per cercare di avvicinare quante più persone possibili ad una realtà di cui lei portava un segno sulla sua pelle di quel numero di matricola.Il suo intervento a “Mixer” accompagnata sempre dal figlio Silvio(N.d.R : medico ,morto prematuramente nel 2001 a soli 53 anni)nella sua natia Vienna  a far vedere i luoghi della sua infanzia terminata bruscamente con le persecuzioni naziste. Quel percorso l’avevano per certi tratti commossa , come il suo ingresso ad Aushwitz-Birkenau ,dove descrisse con grande lucidità il “compito” del dottor Mengele che indirizzava con un cenno di mano i bambini nei forni crematori  o il dottor Joseph Kramer , detto “l’aguzzino” e la sua aiutante Irma Greese detta anche “l’arpia”. Di questi ricordi, non ha smesso mai di parlarne perché mi disse ,quella volta a Corato, stringendomi la mano:”l’uomo non debba più ripetere quegli errori…!” .Ho apprezzato il senso e il significato che ha dato al silenzio ; come sofferenza nei campi di concentramento; come esigenza sociale vivendo a Manduria in provincia di Taranto; come una testimonianza e come  un testamento morale per le generazioni future. Per quest’ultimo motivo, amava l’incontro con i giovani. Quel silenzio è diventato un urlo... Un tumore l’ha spenta a Matera il 19 settembre 2004, ma, forse il suo ricordo ci aiuterà a vivere nel tempo.  Elisa Springer, ha visto  Dio<; nel fumo di Birkenau,  sollevato al cielo le sofferenze del mondo e della diffusione sulla terra l'odore acido di sofferenza. Ho visto il dio, battuto e scoraggiato, sommerso nel fango, piegato sopra, scavante nelle profondità della terra, con le sue mani girate verso il cielo. Allora, lo ho perso, spostato nella nerezza di avversione e di indifferenza, dalla morte del mondo, dalla solitudine dell'uomo e nell'incubo che è caduto su Auschwitz. L’ ho perso. . . insieme al mio nome, transformandosi in un numero bruciato in mia carne, scritto sul cuore con l'inchiostro di diabolico ed intagliato nella mia mente dal peso delle mie rotture. Ancora una volta ho trovato il dio... poichè ha guidato i miei timori oltre i confini della malvagità e lo ha ristabilito a vita con una nuova speranza. ERO VIVA IN QUEL MONDO DI MORTE. DIO ERA LÀ, DOVE HA RACCOLTO LA MIA MISERIA E SI È ALZATO  PER PROTEGGERE LA MIA CUPEZZA. ERA LÀ, IMMENSO E SCONFITTO, DALLE MIE CREPE.

Il Male - di Enzo Bianchi

Il male alla nostra portaLa Stampa, 10 luglio 2005 Ancora una volta siamo brutalmente obbligati ad assistere a un’apocalisse, a una “rivelazione” del male che – come ci ricorda il libro della Genesi – giace accovacciato alla soglia del cuore dell’uomo e si scatena ogni volta che l’uomo rinuncia a dominarlo e ne diventa schiavo: il gesto omicida di Caino resta emblematico del fatto che la morte si affaccia nella storia dell’umanità nel momento stesso in cui il fratello non si sente più custode del fratello, in cui rinnega la responsabilità verso l’altro. Ma emblematico resta anche il segno impresso su Caino a sua protezione: la spirale mortifera della violenza non la si spezza generando altra violenza. Del resto non consola nessuno, ma semmai accresce il dolore e l’amarezza, il constatare che la guerra in Iraq – una guerra che resta illegittima –  la risposta colpo su colpo in una micidiale escalation di violenza, si rivela ancora una volta essere non la soluzione ma la complicazione del problema. Né serve limitarsi a ribadire che la risposta armata al terrorismo è una strategia sbagliata perché incapace di fermarlo: è sbagliata perché contraddice quelli che affermiamo essere i nostri beni più preziosi. Se infatti valutassimo i nostri comportamenti in base ai risultati, dovremmo allora constatare che anche la tolleranza, la pacifica convivenza di milioni di persone di etnie, costumi, religioni, ceti diversi “non paga”. New York, Londra, Madrid stessa, non sono forse tra le metropoli più cosmopolite, tra gli spazi civili dove maggiormente si ricerca, con fatica ma con tenacia, un armonioso interscambio di culture? E anche i Paesi Bassi, “regno” della tolleranza e dell’integrazione dei diversi, non hanno forse visto scatenarsi a loro volta la follia omicida di chi proprio questi valori non tollera? Sì, dobbiamo assumere che i valori della nostra civiltà sono fragili non per il loro contenuto, ma per il fatto che possono essere difesi solo a mani nude, da uomini e donne “disarmati”, consapevoli che rinnegarli nella prassi per poterli affermare nei principi non è possibile. La democrazia non si esporta con le bombe, è stato detto, così come la convivenza pacifica non la si edifica con la demonizzazione del diverso, né la tolleranza con l’insulto e il discredito gettato sull’avversario. Non possiamo pensare di trasformare l’hostes in hospes, il nemico in ospite, se consideriamo ogni ospite un potenziale nemico; non possiamo vivere la solidarietà con chi è nel bisogno se percepiamo ogni bisogno dell’altro come minaccia ai nostri interessi; non riusciremo mai a discernere ciò che contribuisce al bene comune se non sappiamo discernere tra una sparuta minoranza di fanatici assassini e un’enorme maggioranza che quotidianamente tesse una vita di relazioni nella pace e nel rispetto reciproco. Di fronte a questa epifania di terrore, la tentazione di molti che si nutrono di orgoglio e presunzione occidentali è quella di leggervi uno scontro tra l’impero del Bene e l’impero del Male, con la conseguente necessità della risposta della guerra che si rivela in realtà una vertiginosa crescita della barbarie mondiale. C’è diritto assoluto alla difesa, occorre disarmare al più presto i terroristi, ma facendo un’operazione di discernimento che sappia anche leggere come il terrorismo, mai giustificabile, si nutra però anche di disperazione, di ingiustizie e di oppressione subite. Più volte ho sostenuto che se accettiamo quello che alcuni, con malcelata soddisfazione, dipingono come “scontro di civiltà”, finiremo solo per generare una guerra di barbarie: le civiltà autentiche hanno imparato – proprio nel loro lento e a volte contraddittorio trasformarsi da usanze locali, tribali in cultura condivisa, plurale – che i valori non si “scontrano”, ma si confrontano, si intrecciano, si approfondiscono, si affinano nel dialogo con chi è cosciente di possederne altri. Un valore, infatti riesce a “pre-valere” solo grazie all’affermarsi della sua autorevolezza etica, altrimenti sarà qualcosa che non si impone ma che è imposto e, come tale, presto o tardi verrà scosso e spezzato come un giogo di chi ritiene di averlo subìto. Certo non è praticabile il dialogo con chi parla solo seminando morte e terrore, ma questo non dovrebbe scoraggiarci bensì, al contrario, rafforzare i nostri sforzi di interloquire con quanti nel mondo arabo e in quello islamico – che, non dimentichiamolo, non sono coincidenti – perseguono a loro volta cammini di convivenza, di giustizia, di equa ripartizione delle risorse naturali, patrimonio dell’umanità intera. Non scordiamoci che non è solo l’occidente a pagare il prezzo del terrorismo e della spirale di guerra che si alimenta a ogni nuovo attentato efferato: lo pagano i rappresentanti dei paesi arabi moderati (come dimostra anche l’assassinio dell’ambasciatore egiziano a Bagdad, attuato in significativa coincidenza con la strage di Londra) e gli abitanti di quei paesi che faticosamente lottano per una maggiore giustizia e democrazia al loro interno, lo pagano milioni di musulmani presenti nei nostri paesi come onesti lavoratori alla ricerca di migliori condizioni di vita per sé e per i propri cari, lo pagano le popolazioni più povere del pianeta, indipendentemente dalla loro etnia e dal loro credo religioso, che vedono enormi quantità di denaro distolte dagli aiuti in generi alimentari, in farmaci, in investimenti agricoli e produttivi per essere dirottati verso inesauribili spese in armamenti e dispositivi di sicurezza. Sì, il prezzo di questi “atti barbarici contro l’umanità” – come li ha definiti anche Benedetto XVI – è pagato da tutti, perché volenti o nolenti siamo tutti solidali su questo pianeta, tutti ci muoviamo nell’unica atmosfera non solo danneggiata dall’inquinamento e dall’effetto serra, ma appestata dal clima deleterio dell’uomo nemico dell’uomo, del fratello in umanità che uccide il fratello. Ancora una volta e con sempre maggior forza dobbiamo ribadire che non ci è lecito identificare il terrorismo con l’intero mondo arabo, non ci è lecito suggerire l’equivalenza tra islam e odio, non ci è lecito invocare Dio per le nostre guerre idolatriche, non ci è lecito impedire al mondo arabo e islamico di divenire soggetto attivo nella positiva gestione della scena mondiale, di essere partecipe di quel comune farsi carico dei problemi della nostra società globale. Certo, quello del dialogo costante è un processo molto più lento, più faticoso della logica della clava: è un processo che richiede di attingere con convinzione alle nostre migliori risorse culturali e morali, che ci domanda di non assecondare il male accovacciato alla nostra porta, ma di vincerlo con la forza dirompente di un bene ricercato e voluto tutti insieme. Esso, tuttavia, rimane un processo ineludibile: è in gioco l’umanità. Enzo Bianchi 

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