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Osservazioni al DPP

  Il primo rilievo è di tipo metodologico. Non sembra, infatti, che sia stato colto appieno lo spirito della L. R. n. 20/2001 che ha introdotto il PUG. In quanto, la novità principale della L.R. 20 sta nell’aver introdotto l’approccio partecipativo alla pianificazione urbana. Il che vuol dire che sin dalle prime battute deve essere scelta come corsia preferenziale la partecipazione e la co-pianificazione come strumento imprescindibile per la realizzazione del DPP, prima, e del PUG, dopo. Infatti, come è espressamente indicato nell’art. 2 lett. a) e c) i principi assicurati dalla legge son «sussidiarietà, mediante la concertazione tra i diversi soggetti coinvolti, in modo da attuare il metodo della copianificazione; trasparenza delle scelte, con la più ampia partecipazione».   Altresì, e cercando di interpretare al meglio la portata ed il significato del riferimento alla partecipazione, formulato dalla L. R. n. 20, è del tutto evidente che la partecipazione è intesa, come momento preliminare alla redazione dello stesso DPP che dovrebbe, sempre secondo la ratio informativa della legge, essere il frutto di un processo di partecipazione e di discussione quanto più ampio possibile, al fine di rendere questo strumento, ossia il DPP, non un mero esercizio di stile, ma lo strumento attraverso il quale vengono definiti, proprio attraverso il processo partecipativo, in via preliminare gli obiettivi perseguiti dal PUG.   Inoltre, a tale ratio, non risponde il riferimento contenuto in premessa al DPP quando assegna, e qui cito testualmente: «Ai Cittadini, singoli o comunque associati, …la possibilità di partecipare alla formazione del Piano Urbanistico Generale trasmettendo … oppure presentando … “osservazioni” collaborative sul presente Documento Programmatico Preliminare».   Tale riferimento, seppur conforme all’art. 11 co. 5. della L. 20, si riferisce alla fase di approvazione del DPP e non della sua formazione. In realtà la L 20 non relega il momento partecipativo solo alla fase di “osservazioni collaborative”, ma intende la partecipazione come «partecipazione civica alla formazione del DPP» come specificato dagli Indirizzi del DRAG approvati di recente dalla  Regione Puglia.   E’ evidente quindi, come a nostro parere il DPP sconta già di suo un vulnus per così dire genetico il che lo rende del tutto incapace di fornire una definizione seppur preliminare degli obiettivi e dei criteri progettuali del PUG, risultando in sostanza assolutamente lontano, dallo spirito della L.R. 20.   Superando questo primo rilievo, che oltre ad essere di forma è anche di sostanza, da una prima lettura del DPP si evince chiaramente l’assenza di una idea chiara di sviluppo della città. Ci sembra che il DPP, approvato il 28 dicembre 2006, esprima un’idea di città per così dire diffusa, ossia, come una realtà disorganicamente presentata nelle sue sfaccettature.   La documentazione cartografica allegata risulta essere carente, incongruente. Gli intenti sono solo enunciati in maniera molto generale e generica e mai di fatto esplicitati. La strategia di sviluppo della città futura (i prossimi 15 anni) non risulta chiara, risultando in sintesi disattesi i presupposti della stessa azione di pianificazione come indicati dal DRAG e cioè «comprendere il territorio nei suoi elementi costitutivi, nelle sue caratteristiche identitarie, nei suoi valori e nelle sue problematicità».   Il quadro conoscitivo, descritto nella seconda parte del documento, l’attualità, lascia sovente il posto ad elenchi di dati che non conducono alla lettura della città, bensì alla constatazione di uno studio quantitativo e sommario. Anche la terza parte, il futuro, rivela la stessa carenza.   L’input immediato che si coglie nella lettura del documento è un’accentuata rilevanza del problema “casa” , ovvero della carenza del numero di stanze rispetto alla popolazione in crescita, dato percepibile dall’ingente quantità di informazioni relative, tant’ è che all’inizio, sempre della parte terza, esplicitamente si riducono le previsioni programmatiche «al dimensionamento dei fabbisogni nei settori residenziale, produttivo, infrastrutturale, e nella localizzazione dei loro soddisfacimenti», il che inducono al sospetto di un cammino preferenziale finalizzato alla nuova edificazione piuttosto che al restauro.   E se a questo, si aggiunge la totale assenza di un riferimento all’attivazione di politiche urbane volte anche al risanamento di alcune zone critiche esposte a situazioni di inquinamento rilevante, quali la situazione dell’Elettrodotto in via Massarenti e via Predestina, il DPP, in definitiva, si presenta come una ri-proposizione della logica delle aree standard, ognuna con le sue problematiche e le sue soluzioni, dimostrando la carenza di qualunque tipo di programmazione urbana.   Quanto detto emerge puntualmente dalla disamina di ciascuna parte del documento. Dopo una prima sterile presentazione della normativa di riferimento, si passa alla definizione dell’assetto urbanistico attraverso l’analisi delle “zone” in funzione della propria capacità edificatoria.   Il quadro conoscitivo della città di Corato è presentato come una successione di zone prive di identità, ma caratterizzate solo dall’estensione metrica e dai dati anagrafici che poco importano se estrapolati da una ricognizione critica e sintetica. Poco spazio è dato al nucleo antico A, matrice dell’assetto storico urbano e, per questo, tutelato dal piano di recupero del centro antico.   Non è sufficientemente marcata l’importanza del rispetto delle indicazioni del piano atte alla conservazione dei brandelli di memoria storica, che può ancora essere riconosciuta per le vie del borgo. Inoltre, seppure zonizzata, la città di Corato vanta l’appartenenza al Parco Nazionale dell’Alta Murgia, che non è, almeno inizialmente, nominato.   L’assetto strutturale, probabile presagio teorico di un “piano strutturale” si riduce ad un bollettino statistico dei dati territoriali e demografici, delle aree destinate ai servizi al cittadino strutturate a mo’ di reportage della quadratura dello standard. Manca del tutto il confronto con la realtà che appare distorta e idilliaca dall’analisi dei dati.   Le aree destinate a verde e allo sport sono inesistenti o sicuramente lontane dalla definizione di verde urbano. A tal proposito al quanto sconcertati appaiono le aree verdi indicate dalle planimetri fornite infatti, se in quella relativa alla città attuale (all. 1) le uniche aree verdi indicate sembrano essere sono la villa comunale e piazza Almirante, nella città prevista (all.2) le due aree verdi precedentemente indicate scompaiono ma non ne vengono indicate di nuove o meglio non ne viene indicata neppure una visto che la voce relativa scompare dalla legenda.   Nell’ambito della definizione della struttura dell’ambiente, non è citato il P.A.I. e non si fa riferimento all’emergenza idrogeologica della falda. A tal proposito, la cosa che ci preme sottolineare e che se da un lato l’Amministrazione si affretta a dichiarare di aver ottenuto i finanziamenti per la realizzazione di un piano ad hoc finalizzato proprio alla risoluzione del problema idrogeologico, cosa sicuramente utile e positiva, dall’altro non se ne fa oggetto di un’attenta pianificazione all’interno del DPP dove non è proprio citato né tanto meno menzionato all’interno del DPP, e quindi di conseguenza del PUG, a dimostrazione quasi che il problema idrogeologico sia qualcosa di altro rispetto alla pianificazione del territorio e pertanto debba restare fuori dalla pianificazione territoriale a cui è finalizzato il PUG stesso.   Questo rivela la totale assenza di una vera politica di pianificazione complessiva del territorio e della scelta di realizzare una politica disarticolata e priva di una qualche visione complessiva della città e del territorio.   Inoltre manca del tutto il riferimento a qualunque scelta pianificatoria finalizzata al risparmio energetico, sia nella prime tre parti del documento sia nell’ultima quella degli indirizzi dell’amministrazione che non sembrano prendere assolutamente in considerazione tale emergenza, ne tanto meno la normativa vigente a riguardo.   Voglio solo ricordare oltre che è in discussione in Puglia il PEAR al quale sarebbe stato opportuno far un riferimento quanto meno indicando solo l’ intenzione di prenderlo in considerazione visto che il Pear al pari del PAI è uno strumento sovraordinato rispetto al PUG. A titolo di esempio vorrei citare il regolamento di attuazione alla legge  Regionale n. 15 del 23 novembre 2005 il quale assegna ai comune il compito di inserire il Piano per l’illuminazione a basso impatto ambientale e per il risparmio energetico nel PUG, di cui devono dotarsi per Legge. Di tutto questo nel DPP non c’è traccia, se non nelle sterili indicazioni di principio contenute nell’ultima parte dello stesso DPP.   La quarta parte relativa agli indirizzi di programmazione urbanistica rivela una realtà disgregata e disorganicamente concepita: principi, obiettivi, modalità, indirizzi generali sono confusi in una commistione di imput disomogeneamente trattati. Si passa, con immediata semplicità, dal generale al particolare, dal principio urbanistico (verde pubblico) all’intervento puntuale (vedi segnaletica); si introducono obiettivi che non sono il frutto di un’analisi, bensì di spinte progettuali (vedi l’esigenza del terzo anello, vedi l’accenno all’essenziale rapporto tra periferia e centralità).   A questa veloce disamina si aggiungono i tentativi di annullare la realtà di Corato trattandola come la città di (…).[vedi pag. 53 e 56 del DPP] quasicchè si stesse facendo una dissertazione teorica su di una ideale città e non si stia parlando invece, di indirizzi da fornire ad una città concreta.   Peraltro, quando si parla di obiettivi nei vari temi proposti ci si limita solo ad enunciazioni di principio, vuote e per certi aspetti anche incongruenti, basti guardare a quanto detto in materia di verde Pubblico dove tra gli obiettivi è scritto che gli oneri sono a carico dei privati, francamente non si capisce il senso di questa indicazione.   Peraltro, il futuro della nostra città, nelle previsioni programmatiche, è solo nel dimensionamento dei fabbisogni nei settori: residenziale, produttivo, infrastrutturale, e nella localizzazione dei loro soddisfacimenti, in una parola nell’individuazione di piazzole costruttive e sinteticamente nella realizzazione degli intenti politico-amministrativi.   Poco importa se il sistema di una città sia fatto anche di ambiente e se il paesaggio murgiano è forse la più grande virtù di questo contesto che non conta emergenze architettoniche, ma solo un bagaglio storico fatto dal modus vivendi di una civiltà e, quindi, anche di un’etica costruttiva sviluppatasi nel tempo. Concludendo, la misurata attenzione al recupero e all’ambiente sono le mancanze principali di questo documento che presenta anche un esile supporto grafico.   Le cinque tavole allegate, infatti, non aiutano nella comprensione dato che sono prive di sfondo catastale e, sono presentate a scala metrica differente. Fra l’altro, la tavola programmatica non è emblematica degli obiettivi proposti.   Non c’è corrispondenza tra quanto scritto e quanto rappresentato, in definitiva, il DPP non è rispettoso di una realtà peculiare e consolidata, in quanto addebita obiettivi puntuali a strategie generali staccate dalla contingenza.   Non si può lasciare che il “satellite prenda il sopravvento sul sole”, non può una città “fatta anche di case”, lasciare che le case facciano una città “altra”.

La Crisi Energetica

In questi giorni è di grande attualità la crisi energetica che sta attraversando il nostro Paese. La causa principale di questa crisi è da attribuirsi al fatto che il nostro sistema energetico si regge per la maggior parte sull’utilizzo di combustibili fossili, per cui in un contesto internazionale dominato dal costante aumento del prezzo del petrolio e dalla riduzione delle importazioni di gas dalla Russia, soddisfare il fabbisogno energetico diventa sempre più difficile.   Una risposta a questa crisi va trovata seguendo le due direttrici fondamentali della riduzione dei consumi e quella della sostenibilità della produzione di energia. Quando si parla di riduzione dei consumi faccio riferimento alla necessità di assumere quei piccoli comportamenti quotidiani, quali utilizzare gli elettrodomestici sempre a pieno carico, utilizzare lampadine a basso consumo o più semplicemente spegnere completamente il televisore prima di andare a dormire, che se diventassero uso quotidiano di ciascuno di noi riusciremmo a dare un grande aiuto a ridurre il fabbisogno energetico nazionale.   Per quanto riguarda la strada della sostenibilità qui la questione si fa più complessa in quanto attiene all’intero modello di sviluppo economico che dovrebbe scegliere con decisione la strada delle fonti di energia pulite (eolico, solare termico, fotovoltaico, geotermico, idroelettrico e biomasse).   Questo passaggio è ovviamente irto di difficoltà per un sistema energetico come il nostro che per decenni ha fondato il suo sviluppo sull’utilizzo di combustibili fossili. Per questo occorre un forte impegno sul piano della programmazione energetica che delineando un percorso chiaro e preciso, sia in grado di permettere al nostro sistema energetico di diversificare le fonti di energia e permettere di affrontare meglio e senza disagi per le utenze le crisi che ormai ciclicamente si verificano.   Questo percorso si compone di passaggi essenziali: il primo è di studiare attentamente il fabbisogno energetico nazionale, ossia vedere quali sono le maggiori utenze di energia e capirne gli sviluppi; quindi, verificare quali sono i tipi di fonti energetiche presenti e vedere anche in questo caso quali sono i margini di sviluppo di ogni singola fonte; poi verificare lo stato della rete elettrica per ridurne gli sprechi e le inefficienze; infine quale sia lo stato della ricerca energetica relativamente alla tecnologia delle fonti rinnovabili. Solo attraverso la definizione di queste semplici linee programmatiche è davvero possibile uscire da questa fase di crisi energetica.   Oggi, peraltro, la questione energetica non può essere separata dalla necessità di rispettare il Protocollo di Kyoto, che limitando l’emissione di gas serra ci chiede nella sostanza di convertire il nostro sistema energetico orientandolo verso le fonti alternative. 

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