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Antonio Lagrasta

 

Antonio Lagrasta parla delle sue esperienze nel campo dell’arte,della formazione e  della sensibilizzazione culturale.

 

Ci siamo incontrati in piazza Sedile con Antonio Lagrasta, ci siamo seduti fuori ad un locale pubblico ed abbiamo iniziato a parlare dei suoi momenti di vita che si sono altalenati in campi esperienziali differenti fuori Corato : dall’insegnamento al cinema,intervallato da attività culturali . Nella sua permanenza a Corato , vive con  i suoi parenti,incontra i suoi amici di un tempo, di sempre e ricorda i momenti passati nella sua città natia. Nel corso degli anni con la sua barba canuta, sembra essere il sosia di Hernest Hemingway o Gabriele D’Annunzio…

 

Come ha trovato Corato?

 

L’ho trovata trasformata…In senso positivo, ma purtroppo, il vero centro storico è in stato di abbandono ed il teatro comunale sono nello stesso stato in cui li ho lasciati….Per il resto ho visto che è una città prospera, è una cittadina elegante e piacevole.

 

Che cosa fatto in questo periodo?

Sono andato via da Corato che avevo un po’ meno di venti anni…. Ho ripreso gli studi di filosofia a ventisei anni, ho insegnato per più di un ventennio a Verona nelle scuole statali. Sono andato in pensione ed ho deciso di trasferirmi a Roma, dove ho un fratello (N.d.R. Luigi, direttore di produzione, attualmente alla casa di produzione Fandango di Giovanni Procacci) che lavora nel cinema, tramite Luigi ho avuto alcune collaborazioni e piccoli ruoli in film realizzati da alcuni registi amici di mio fratello come ,ad esempio, Daniele Lucchetti.

 

Nel film il “Portaborse”(1991) ero nel cast per insegnare l’italiano ad una attrice francese Anne Roussel (N.d.R: Non voleva essere doppiata) e Daniele mi diede una piccola parte in cui recito con Silvio Orlando,ed ho avuto un discreto successo. Poi, ho avuto una serie di piccole parti nei film di Pasquale Pozzessere …

 

Con quali altri  artisti ha lavorato ?

…Ho avuto la fortuna di recitare,tra gli altri, con Silvio Orlando che è una persona squisita, oltre ad essere un grandissimo attore ed anche con Michele Placido…

 

Su quali progetti ed attività culturali sta lavorando ?

 

Da quando vivo a Monterotondo, una cittadina vicino Roma,mi sono integrato abbastanza bene…Collaboro con l’Università Popolare, dove insegno due discipline:Storia delle idee e della cultura del Novecento ed ho un corso su” il Mito di Ulisse e di Edipo nell’immaginario poetico della cultura Occidentale”.

 

Inoltre, collaboro con l’assessorato alla cultura, con cui ho curato una rassegna per i ragazzi del liceo su “Fascismo e resistenza”, una rassegna che ha ottenuto un buon successo e l’ ho organizzata in maniera tale che la tematica trattata fosse vista attraverso i decenni.

 

Abbiamo proiettato un film per gli anni Cinquanta, Sessanta e così via, partendo da “Roma città aperta”(1945 regia di Roberto Rossellini), “La lunga notte del ‘43”( 1960 regia di Florestano Vancino [N.d.R . soggetto di Giorgio Bassani e sceneggiatura di Per Paolo Pasolini]), "Agnese va a morire" (1976 regia di Giuliano Montaldo), “La notte di San Lorenzo”dei fratelli Taviani (1982), ”Porzus”(1997 regia e soggetto di Renzo Martinelli).

 

Quest’ ultimo film per amore di obiettività, ho ritenuto opportuno parlare di alcuni aspetti della Resitenza, che se anche nel senso complessivo ha espresso quella ricerca ed affermazione della libertà , ha avuto nel suo interno episodi abbastanza spiacevoli come le foibe. La rassegna è stata chiusa con il “Partigiano Johnny” (2000 regia di Guido Chiesa).

 

Sto curando anche una rassegna alla biblioteca comunale di Monterotondo su cinema e letteratura. E’ stata una mia idea probabilmente una intuizione di mettere insieme due linguaggi completamente diversi: quello della letteratura con quello cinematografico. Presento un romanzo da cui è stato tratto un film, poi, c’è la proiezione del film, il tutto è seguito da un dibattito con gli interventi degli spettatori.

 

La prima rassegna è stata incentrata sugli eredi di Italo Calvino,dedicata agli scrittori dell’ultimo ventennio del Novecento. Ho curato un’altra rassegna su tema dell’amore dal titolo intrigante: "Labirinti di amore" con bei romanzi e film, su: "La memoria poetica delle donne”, dedicato alle scrittrici e dai romanzi da cui sono stati tratti dei film, partendo sempre da alcune scrittrici dell’inizio Novecento fino ad arrivare a Dacia Maraini dal titolo “Donne in guerra”, tratto dall’unica regista donna che aveva fatto un film sulle donne “Io sono mia “(1978 regia di Sofia Scandurra).

 

Si parte dal libro , dalla biblioteca, della libreria come protagonista per arrivare al film tratto dallo stesso volume. Penso di continuare a collaborare con l’assessorato alla cultura di Monterotondo ed eventualmente parteciperò alla realizzazione del programma dell’estate eretina (N.d.R. L’antico nome di Monterondo) per la prossima estate.

 

Che fase sta vivendo il cinema italiano?

 

Secondo me, il nostro cinema ha una grande vivacità, però, ho l’impressione che non ci siano abbastanza sovvenzioni per sostenerlo. Il rischio è che  questa vivacità rimanga “soffocata” con il rischio che non possa esprimersi pienamente.

 

Poi, c’è un altro aspetto che la distribuzione è micidiale e toglie subito dal circuito film pregevoli solo perché dopo il primo giorno dall’uscita hanno incassato poco. Quindi, il cinema italiano ha due problemi di stanziamenti e di distribuzione.

 

Quanto si fa per la cultura in Italia?

 

Per la cultura si  fa ben poco…. I governi di sinistra hanno fatto poco,tuttavia, il governo attuale ha fatto meno delle previsioni iniziali. E’ vero che  stiamo vivendo un periodo di crisi e di recessione,ma,oltre a questo aspetto si può notare un atteggiamento di sottovalutazione dell’aspetto culturale.

 

Con i tagli alla ricerca si crea un Paese poco competitivo nel contesto internazionale e non si crea innovazione. Poi, vedo in alcuni comuni del circondario di Roma che “fare cultura” significa fare sfilate di moda e di intimo, perché cattura solo l’interesse della gente. Beh, mi sembra poca cosa….

 

So di non dire una cosa nuova: investire nella cultura significa far fruttare gli investimenti anche dopo un lungo periodo e nel tempo può dare benefici.

 

 

Don Giovanni D'Ercole

 

 

 

 

 

DON GIOVANNI D’ERCOLE, ha lavorato per circa diciotto anni a fianco di Giovanni Paolo II., è un  religioso dell’Opera Don Orione,da anni opera nel campo sociale, ai più è un noto volto televisivo.

 

Ci siamo conosciuti diversi anni fa. Era appena tornato dall’Africa, dopo un decennio di attività missionaria in Costa d’Avorio ,ci siamo conosciuti tramite P. Virginio Rotondi , a “Mondo Migliore”a  Castelgandolfo al Movimento Oasi.

 

Lo ricordo come  lo stimava  P.Rotondi …. Nel 2000 insieme con un sacerdote missionario P. Mauro Armanino, amico di don Giovanni, missionario in Liberia della SMA(Società Missioni Africane)abbiamo lavorato per il volume “Cercando il volto”-L’umanità nel missionario.

 

Ora, con don Giovanni D’Ercole ci incontriamo ,di tanto in tanto, ed ,in questa occasione, l’ho sollecitato a fornirci delle delucidazioni su Giovanni Paolo II,  in una nuova visuale socio–ambientale. La pastorale del Papa che ci ha lasciato: a favore del creato, dell’ambiente e della pace.

 

Giuseppe: Non si è parlato molto del Papa ecologista, quali sono stati gli aspetti pastorali che hanno caratterizzato  la prospettiva della difesa e della tutela della natura ?

 

Don Giovanni: Il papa ha sempre contemplato il Bello,la Bellezza, Dio che riflette la Sua Bellezza nella natura e nel creato. Questo è un elemento costante nell’insegnamento del papa. D’altra parte ,il suo amore  per la natura, per la montagna,in modo particolare, l’incontro con Dio nella montagna, nel silenzio maestoso ,nella natura sono gli elementi che hanno caratterizzato  il pontificato di Giovanni Paolo II.

 

A questo, si aggiunge l’elemento del rispetto della natura come dono di Dio ,del rispetto come obbligo dell’uomo che non si può considerare padrone della natura, ma custode di un bene di cui Dio l’ha dotato. La natura è un bene al servizio di tutti.

 

Il problema della difesa della natura è unito a quello della difesa sociale, il tema del rispetto del creato che non sia appannaggio di pochi, ma affinché possa essere  un luogo vivibile per tutti.

 

Questi aspetti pastorali sono costantemente emersi  nell’insegnamento del papa ed hanno trovato espressione  in alcune sue dichiarazioni importanti, per esempio, nell’incontro con l’UNESCO, nei vari messaggi per la pace e negli incontri  con i responsabili delle sorti dell’umanità.

 

Giuseppe: A proposito di pace, papa Giovanni Paolo II e la pace, che eredità ha lasciato al mondo?

 

Don Giovanni: Questo Papa ha insegnato costantemente la pace ed ha portato avanti un principio  fondamentale: un NO alla guerra, un SI alla pace. Quest’ultima, però, deve essere costruita da tutti come un progetto. Ha svolto su questo tema una catechesi costante, anno dopo anno, seguendo lo stile di Paolo VI, Giovanni Paolo II nel messaggio annuale per la pace, ha sottolineato i vari aspetti come possa essere la sintesi di un impegno complessivo.

 

Non può essere il frutto soltanto di un impegno politico. E’ il risultato  solo della giustizia e della pace condivisa. La pace è una spiritualità, la pace è soprattutto un dono di Dio, come il Papa ha  sempre insistito  molto. Giovanni Paolo II  ha sottolineato come condizione indispensabile  la chiama “la pace del cuore”, quindi, una forma di riconciliazione, di liberazione interiore, da tutte quelle forme di schiavitù e di egoismo, del potere, dell’odio, della vendetta che rendono l’uomo più facilmente  schiavo della guerra che teso a creare la pace.

 

Giuseppe: Che Chiesa trova questo nuovo Papa?

 

Don Giovanni: Giovanni Paolo II lascia una Chiesa in fermento  che dal Concilio Vaticano II ,ha portato avanti questa  grande apertura ed una grande consapevolezza: di essere una famiglia che cresce, in dialogo con gli altri  fratelli cristiani  e nello stesso dialogo ecumenico.

 

Una Chiesa che non teme di confrontarsi  con le altre religioni  del mondo,la Chiesa che non con le sfide del presente ,deve essere pronta e capace  di rispondere a queste grandi sfide : della pace , della giustizia, del progresso sostenibile ,dell’etica del creato queste sono le grandi prove che la Chiesa deve affrontare. Giovanni Paolo II le ha lanciate, ha dato il coraggio alla Chiesa di affrontarle senza paura.

 

Il nuovo Papa dovrà continuare su questa linea, cercando di costruire, giorno dopo giorno, le risposte con una evangelizzazione che , Giovanni Paolo II, ha chiamato la “Nuova Evangelizzazione”. Nuova non nei contenuti, ma nelle sue forme e nei suoi metodi.

 

 

 

Per saperne di più:

 

http://www.archivio.raiuno.rai.it/schede/9001/900171.htmhttp://www.raidue.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,0^4946,00.html

http://www.donorione.org/

www.vatican.va

http://www.movimento-oasi.it/ 

http://www.edinsieme.com/

http://www

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