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Le discariche perché la rabbia

 

Le discariche perché la rabbia

Tratto dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 26/X/2010 di Giorgio Nebbia

Nella commedia «Amedeo, ovvero come sbarazzarsene», lo scrittore Eugène Ionesco racconta di una famiglia che vuole sbarazzarsi di un cadavere e decide di gettarlo fuori dalla finestra; però il cadavere, a mano a mano che viene fatto uscire, aumenta di volume fino ad occupare tutta la stanza. È la metafora dei problemi che la nostra società ha quando deve sbarazzarsi dei rifiuti, anche adesso a Napoli: ogni giorno che passa senza riuscire a smaltirli, il loro volume aumenta fino ad ostruire le strade e ad invadere l’intera città. La nuova crisi è nata dal rifiuto della popolazione di un vicino Comune di accettare i rifiuti in una discarica nel suo territorio. «Discarica» è una delle sgradevoli soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti. L’ideale sarebbe non produrre per niente rifiuti, ma questo è fisicamente impossibile. In una società avanzata come la nostra ogni anno una persona produce in media circa 500 chili di rifiuti domestici. È una miscela molto eterogenea di «cose», dagli avanzi del cibo, ai sacchetti e imballaggi di plastica, a lattine di ferro o alluminio, e poi carte e cartoni, vetro, stracci, elettrodomestici eccetera.Il grave problema dei rifiuti urbani - La soluzione con minore danno è la raccolta separata della materia organica (residui di cibo), di carta e cartoni, di plastica, di metalli e di vetro in modo che questi materiali possano essere riutilizzati con processi di riciclaggio che comunque producono anch’essi altri, anche se differenti, rifiuti e che lasciano comunque una parte residua di rifiuti da smaltire. Il successo di una raccolta differenziata presuppone una coraggiosa informazione e «educazione» dei consumatori per spiegare che non si devono mettere plastica e carta insieme, lattine e vetro insieme, altrimenti finisce tutto in discarica.  In qualche città viene praticata una vera raccolta differenziata. Nella maggior parte però la gran parte dei rifiuti finiscono tutti insieme. A questo punto ci sono due soluzioni, o bruciarli in inceneritori o metterli in discariche. Gli inceneritori sono molto amati da alcune potenti imprese che guadagnano molto vendendo, a prezzi di favore, l’elettricità prodotta durante la combustione dei rifiuti. E comunque, a parte le sostanze tossiche che fuoriescono con i fumi dal camino, dopo la combustione resta circa il 25-30 percento di «ceneri» da smaltire in discarica. Nelle discariche, in cave abbandonate o in depositi o mucchi a cielo aperto, oggi in Italia finiscono ogni anno oltre 20 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, quanto una collina di mille ettari (10 milioni di metri quadrati) che cresce di altezza di due metri all’anno. In Italia ci sono già migliaia di discariche, alcune illegali, molte sconosciute, molte contenenti rifiuti urbani insieme a rifiuti tossici.Come convincere le popolazioni - iI principali motivi della protesta sta nel grande traffico di automezzi che vanno avanti e indietro portando i rifiuti, ma soprattutto nella puzza e nel timore che, insieme ai rifiuti urbani, finiscano nella discarica sostanze nocive per la salute, come è già avvenuto. I rifiuti urbani immessi nelle discariche non sono materia morta, ma anzi le varie sostanze sono esposte, col passare dei mesi e degli anni, a continue trasformazioni ad opera di agenti chimici, dell’acqua, dei microrganismi. Le reazioni chimiche e di fermentazioni in assenza di ossigeno generano gas, principalmente metano, e liquidi che si liberano a poco a poco all’interno della discarica, un vero corpo vivente, anzi a vita lunga. La puzza e l’invasione di parassiti e animali che cercano cibo fra i rifiuti, possono essere attenuate coprendo ogni strato di rifiuti con strati di terra, il che rende ancora più costose le discariche e fa aumentare il traffico di automezzi che portano rifiuti e terre di riempimento.  Se il metano che si forma nelle discariche non viene catturato, si libera continuamente nell’atmosfera come uno dei gas serra, responsabile dei mutamenti climatici, oltre venti volte più attivo della stessa anidride carbonica. Ancora peggiore è l’inquinamento dovuto ai liquami, che possono contaminare le acque sotterranee. Nelle discariche costruite a regola d’arte i gas vengono catturati e anzi il metano che essi contengono viene utilizzato come combustibile; per evitare l’inquinamento delle acque il fondo deve essere impermeabilizzato e i liquidi «percolati» continuamente pompati in superficie e inviati ad un impianto di trattamento e depurazione, con formazione di altri gas e fanghi. La loro collera delle popolazioni può essere evitata, in mancanza di altre soluzioni, se le amministrazioni dimostreranno di voler aprire delle discariche dove esistono le condizioni idrogeologiche e tecniche che permettono di evitare inquinamenti futuri. Tutto questo costa, ma costa anche la protesta e la perdita di fiducia nella democrazia e nelle istituzioni.

Non possiamo tacere

 

Non possiamo tacere.

Un'introduzione alla lettera dei missionari in Italia.  

Denunciamo ancora i ladri di futuro ed i venditori di menzogne. Potrebbe riassumersi così l'ultima lettera della Commissione Giustizia e Pace della CIMI (Conferenza Istituti Missionari In Italia). In continuità con le lettere precedenti e soprattutto con quanto sperato e vissuto nei molti anni condivisi come 'stranieri ospitati' in altri Paesi. ...'Non poter tacere' significa anzitutto esprimere l'urgenza dell'indignazione a fronte delle derive che da tempo sembrano sedurre l'Occidente ed in particolare il nostro Paese.   In una lettera precedente (Mai senza l'altro), menzionavamo un 'virus' che neanche troppo silenziosamente infetta la mentalità, le istituzioni e che non risparmia neppure le nostre comunità. Detto 'virus' colpisce anzitutto gli occhi e poi la memoria. Esso rende distorta la visione della realtà e conduce gradualmente alla cecità di fronte al 'furto' della dignità che da tempo si sta perpetrando   a danno di tutti e particolarmente degli Immigrati. Lo smarrimento della capacità di lettura, onesta e dunque profetica della realtà, non può che favorire il progressivo smantellamento dei fondamenti della vita civile così come la Costituzione li ha proposti normativamente. Di questa cecità sono significative espressioni i respingimenti ed i campi di detenzione in Libia, i CIE nel nostro Paese e fondamentalmente il processo di 'criminalizzazione' del Migrante come tale.   Accanto a questa 'malattia sociale' degli occhi facevamo accenno alla memoria.   Ci stupiamo, infatti, del fatto che un popolo come quello italiano che si è contraddistinto per una lunga ed imponente storia dell'emigrazione, abbia potuto, nel giro di qualche decennio, cancellare in fretta questa preziosa e sofferta eredità storica. I milioni di italiani che hanno lasciato il nostro Paese per altre terre avrebbero dovuto essere molto più di un monito per le presenti generazioni. ...'bada a te e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le insegnerai anche ai tuoi figli ed ai figli dei tuoi figli'...(Deut.4,9). E' la 'smemoratezza' e la conseguente difficoltà a trasmettere alle nuove generazioni alla radice delle derive a cui abbiamo fatto riferimento nella lettera in questione.   Lo sfruttamento del lavoro, vero e proprio commercio di esseri umani, la tratta a scopo di prostituzione, la situazione nelle carceri sono altrettante esemplificazioni di questa perdita di memoria. In questi ambito ci pare particolarmente grave la responsabilità delle nostre comunità cristiane e dei politici che a vario titolo usano o abusano della legittimazione 'cristiana' per governare.   Se l'Eucarestia è il memoriale per eccellenza (memoria sovversiva e liberante) dell'identità cristiana,come è stato possibile permetterne lo svuotamento e l'evacuazione in un rituale senza rilevanti conseguenze nella vita reale? La nostra lettera, come le precedenti, aperta al dialogo con chiunque voglia condurlo, si vuole anzitutto come domanda e provocazione per i nostri Istituti e le comunità cristiane tutte. Non possiamo e non vogliamo tacere di fronte alla profanazione della memoria ed alla cecità del cuore e della mente. Ci invitiamo a fare tesoro di quanto emerso dall'ultimo Sinodo per l'Africa e soprattutto dal desiderio di ripartire da loro, i volti che abbiamo incontrato in Paesi lontani e che oggi sono qui, per salvarci.                                                                 Mauro Armanino, Genova, Luglio 2010.                         Conferenza degli Istituti Missionari Italiani (CIMI) Commissione di Giustizia, Pace e Integrità del Creato della CIMI     missionari/e   e   immigrati   NON  POSSIAMO  TACERE     Firenze, 30 giugno 2010               “Oggi la forma di povertà più vistosa e drammatica in Italia- ha scritto il coraggioso vescovo emerito di Caserta, R. Nogaro - è quella degli immigrati e dei rom. In nome di una fantomatica ‘sicurezza sociale’ si sta costruendo, soprattutto nel nostro paese, la fabbrica della paura verso tutto ciò che può  ledere la tranquillità del cittadino. Per questa prospettiva inquietante l’incriminato di dovere è l’immigrato ed è il rom, considerati quasi naturalmente  soggetti di reato.”                                                           In poche lapidarie parole Mons. Nogaro, che ben conosce i problemi degli immigrati di Caserta e di Castelvolturno, ci ha messo davanti agli occhi il dramma di questi fratelli e sorelle immigrati nel nostro paese.     Il contesto europeo               Viviamo nell'epoca della più grande mobilità della storia conosciuta. Oltre 214 milioni di migranti internazionali, vi sono circa 740 milioni di sfollati, in parte sfollati interni.       Ciò significa che una persona su sette nel mondo è un migrante. (Peter Schatzer, Plenaria del Pontificio Consiglio per la Cura Pastorale dei Migranti,Roma,Maggio 2010).               Nei 27 Paesi dell'UE si calcolano 24 milioni di migranti, per la più parte provenienti dagli stessi Paesi dell'Unione. Secondo valutazioni recenti i migranti 'irregolari' sarebbero fra i 4.5 e gli 8 milioni, con un aumento stimato fra i 350 e i 500 mila all'anno.               Di fatto, l'Europa,sentendosi 'fortezza' assediata, affronta sulla difensiva il fenomeno della mobilità. La 'governance' delle migrazioni e la lotta contro l'immigrazione irregolare sono prospettate come la soluzione principale per dare sicurezza alle società europee, inserendo il controllo dell'immigrazione nell'ottica della lotta al terrorismo...viene, così, proposta e ribadita la trilogia inaccettabile: 'immigrazione – criminalità e terrorismo – insicurezza'. Per tale ragione, la politica migratoria dell'Europa afferma la chiusura delle frontiere alle persone, ma la libertà di circolazione alle informazioni, ai beni ed ai capitali. Si va diffondendo un atteggiamento politico di rifiuto degli immigrati, mentre le economie continuano a richiederne l'assunzione. Probabilmente vedremo presto calare nuove cortine di ferro, con serrati pattugliamenti alle frontiere e nuove misure di difesa delle coste.             C'è chi si azzarda ad affermare che il rafforzamento delle frontiere non serve solo ed in primo luogo a fermare i movimenti migratori -i quali di fatto continuano- ma a definire come irregolari i migranti che le attraversano, dando loro un'identità che li pone in una posizione di inferiorità e di mancanza di diritti:     un esercito di invisibili ricattabile e sfruttabile (Mons.Antonio M. Vegliò,VIII congresso Eu, Màlaga, aprile- maggio 2010).     Il contesto italiano Xenofobia montante               Noi missionari che siamo stati a lungo ospiti dei popoli africani, sudamericani, asiatici assistiamo ora in patria ad un accanimento senza precedenti nei confronti degli immigrati in mezzo a noi. Stiamo assistendo a una massiccia e crescente violazione dei diritti umani nei loro confronti. E questo avviene nell’indifferenza da parte dei cittadini italiani, immemori di quanto i nostri migranti avevano sofferto. Non stiamo forse ripetendo sugli immigrati in mezzo a noi quello che i nostri nonni hanno subito quando anche loro emigravano?             Non possiamo accettare che il capo del Governo italiano affermi che: ”Una riduzione degli extra comunitari significa meno forze che vanno ad ingrossare la criminalità”. E’ un’affermazione  molto grave. Il segretario della CEI, mons. Crociata ha ribattuto giustamente: ”Gli immigrati delinquono tanto quanto gli italiani. Non è vero che riducendo gli immigrati clandestini  si riduce anche la criminalità“.  Una menzogna , ma rilanciata con forza da una stampa nazionale che fomenta la paura “dell’altro”. In questo paese stiamo assistendo a un crescendo di dichiarazioni, di leggi, di normative che non fanno altro che attizzare un crescente razzismo e una forte xenofobia.                                            Da parte di ogni schieramento politico               E questo non solo da oggi, ma da quasi 20 anni.  A cominciare dalla legge Turco-Napolitano (1998) che è alla base del Testo unico per l’immigrazione e ha dato inizio ai Centri di Permanenza Temporanea (CPT) che si sono poi rivelati dei veri e propri lager. Seguita nel 2002 dalla legge Bossi-Fini che ha modificato il Testo unico.  Questa legge introduce il contratto di lavoro, cui è subordinato il rilascio del permesso di soggiorno, prevede l’espulsione con decreto motivato, disposto dal questore e decreta sanzioni (fino al carcere) per la disobbedienza all’ordine del pubblico ufficiale.             Noi riteniamo immorale e non-costituzionale la Bossi-Fini, perché non riconosce gli immigrati come soggetti di diritto, ma li riconosce come forza-lavoro, pagata a basso prezzo e da rispedire al mittente, quando non ci serve più. La Bossi-Fini costituisce un fatto gravissimo in chiave giuridica (vari giudici l’hanno dichiarata non costituzionale!), ma soprattutto in chiave etica.                           Il Pacchetto Sicurezza (Legge 94-2009) introduce nell’ordinamento italiano l’aggravante della pena per clandestinità dell’immigrato, pene reclusive fino a tre anni per chi ceda un immobile a un clandestino, trasforma i CPT in centri di Identificazione e Espulsione (CIE), vieta a una clandestina che partorisce in ospedale di riconoscere il bimbo come suo, impone una tassa sul permesso di soggiorno e norme restrittive sui ricongiungimenti familiari. In questo modo, per la prima volta, il clandestino diventa un criminale!             In questo quadro si inseriscono anche le ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri, che decretano lo stato di emergenza per le comunità nomadi-rom del Lazio, Campania e Lombardia e impongono il vergognoso atto della schedatura di rom e sinti attraverso la raccolta forzosa delle impronte digitali per l’identificazione e il censimento degli abitanti dei campi.             Concordiamo con Famiglia Cristiana quando ha definito il Pacchetto Sicurezza la “cattiveria trasformata in legge”.                                                         Razzismo istituzionale               Questa legislazione comporta un aggravio molto pesante sulle spalle degli immigrati: i versamenti di contributi onerosi per ottenere permessi di soggiorno e di cittadinanza, l’obbligo di presentare un documento che attesti la regolarità del soggiorno per la celebrazione del matrimonio, la verifica da parte del Comune delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile e le pesanti sanzioni previste per la mancata esibizione dei documenti.                                                                                                   Se a tutto questo si aggiungono l’aggravante di clandestinità che comporta l’aumento di un terzo della pena, le decine di ordinanze per il ‘ decoro urbano’ di enti locali (dal divieto di trasportare borsoni a quelle contro i lavavetri!) che creano un ” diritto speciale” riservato alle aree di povertà urbane o dell’immigrazione, abbiamo davvero l’impressione di essere di fronte a leggi che riflettono “un razzismo istituzionale, come afferma il filosofo L. Ferrajoli, che vale a fomentare gli umori xenofobi e il razzismo endemico presenti nell’elettorato dei paesi ricchi.”                                A quanto detto bisogna aggiungere le due ultime novità:  una pagella a punti perché un immigrato possa ottenere  la cittadinanza italiana (approvata una bozza di regolamento a maggio 2010)  e poi la decisione dell’11/03/2010 della Corte di Cassazione che gli immigrati  irregolari vanno espulsi, anche se hanno figli minorenni che frequentano la scuola. Incredibile ma vero: la legalità delle frontiere prevale sulle esigenze di tutela del diritto allo studio dei minori.             Da tutto questo ne esce compromessa la nostra stessa democrazia. “Oggi la novità della criminalizzazione degli immigrati - ha detto il filosofo L.Ferrajoli all’incontro tenutosi nel settembre 2009 a Lampedusa , sul tema: La frontiera dei diritti . Il diritto alla frontiera – compromette radicalmente l’identità democratica del nostro paese. Giacché essa ha creato una nuova figura:quella della persona illegale, fuorilegge solo perché tale, non-persona perché priva di diritto e perciò esposta a qualunque tipo di vessazione: destinata dunque a generare un nuovo proletariato discriminato giuridicamente, e non più solo, come i vecchi immigrati, economicamente e socialmente. ” E’ lo stesso Ferrajoli a tirarne le conclusioni: ”Queste norme e queste pratiche rivelano insomma un vero e proprio razzismo istituzionale… Esse esprimono l’immagine dell’immigrato come ‘cosa’, come non-persona, il cui solo valore è quello di mano d’opera a basso prezzo per lavori faticosi o pericolosi o umilianti: tutto, fuorché un essere umano, titolare  di diritti al pari dei cittadini.” E allo stesso convegno di Lampedusa , il noto magistrato Livio Pepino ha aggiunto: ”Il diritto penale, a sua volta, assume una nuova curvatura: non contro il migrante che delinque, ma contro il migrante in quanto tale. Infatti con l’introduzione del reato di ‘immigrazione irregolare’ si prosegue nella impostazione di punire non un fatto, ma una condizione personale: è il migrante che diventa reato.”               Noi riteniamo infatti che tutta questa legislazione  è il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, rom e incarna una cultura xenofoba e razzista che ci sta portando nel baratro dell’esclusione e del rifiuto dell’”altro”, specie del musulmano.         I nuovi lager               Altro capitolo dolente dell’attuale ordinamento giuridico nei confronti degli immigrati sono i Centri che prima si chiamavano Centri di Permanenza Temporanea (CPT) e che la nuova legislazione chiama Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) dove gli immigrati sono rinchiusi per sei mesi (prima era di sessanta giorni).             La situazione dei CIE è ancora peggiore di quella dei CPT. Da fonti sicure sappiamo che nei CIE si moltiplicano le violenze e i soprusi, mentre si susseguono le rivolte sempre represse con violenti pestaggi.             “Questi centri sono veri luoghi di detenzione – scrive sempre L. Ferrajoli – una detenzione per altro ancora più grave e penosa di quella carceraria, dato che è sottratta a tutte le garanzie previste per i detenuti, a cominciare dal ruolo di controllo svolto dalla magistratura di sorveglianza. Sono stati creati così dei campi di concentramento in cui vengono recluse “persone che non hanno fatto nulla di male, ma che vengono private di qualunque diritto, e sottoposte ad un trattamento punitivo, senza neppure i diritti e le garanzie che accompagnano la stessa pena della reclusione.”             Ancora più drammatica la situazione degli immigrati nei campi libici, che sono degli autentici campi di concentramento.             Ha ragione la prof.ssa L.Melillo dell’Orientale di Napoli in un recente volume  A distanza d’offesa (a cura di A. Esposito e L. Melillo) a scrivere: ”Sembra palesarsi il rischio di una deriva razzista che fa del corpo dello straniero il capro espiatorio delle crisi della nostra società.”                                                        I luoghi della vergogna   Inumano è infine il trattamento che gli immigrati braccianti ed operai subiscono nel  Paese, sia sul lavoro sia nelle abitazioni. Luoghi come Castelvolturno (Caserta), S. Nicola a Varco (Salerno), Rosarno (Reggio Calabria ), Cassibile (Siracusa) sono ormai entrati nell’immaginario collettivo italiano. Questi sono i luoghi della vergogna dove vivono i braccianti agricoli che raccolgono i nostri pomodori, le arance, le patate, …                           Il più noto è certamente Castelvolturno nel casertano con una popolazione di 15.000 abitanti dei quali almeno 5.000 sono immigrati che lavorano nelle campagne del casertano e del napoletano. Le loro condizioni di vita, di abitazione, di lavoro sono davvero degradanti. Come missionari/e  ne abbiamo spesso denunciato la situazione, che è poi esplosa il 18 Settembre 2008 quando sei ghaneani sono stati brutalmente uccisi dalla camorra. Gli africani di Castelvolturno sono scesi per strada ribellandosi a quel massacro.             Castelvolturno proprio per come gli immigrati sono trattati, è una polveriera che potrebbe esplodere ad ogni momento.  Com’è esplosa Rosarno dove vivevano oltre mille braccianti che lavoravano nella Piana di Gioia Tauro. Abbiamo spesso potuto visitare le baraccopoli dove erano costretti a vivere quegli immigrati, luoghi di uno squallore unico.         Gli stessi immigrati, fuggiti poi da Rosarno, hanno scritto: “Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo alle 6 per rientrarci solo a sera alle ore 20:00, per 25 € che non finivano tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare. Eravamo bastonati, minacciati, braccati come bestie …”             Parole dure, scritte all’indomani della tragica storia di Rosarno (7-9 Gennaio 2010) quando alcuni “bravi ragazzi” hanno sparato contro gli africani, i quali, stanchi di tanti soprusi, si sono ribellati. Ne è nata una vera e propria rivolta (basta vedere le immagini nel DVD Le arance di Rosarno).             “Ci hanno sparato addosso per gioco o per l’interesse di qualcuno -hanno scritto-. Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani... Siamo invisibili per le autorità di questo paese.”                         Ci sembra doveroso in questo contesto ricordare padre Carlo D’Antoni, parroco di Bosco Minniti (vicino a Cassibile), che accoglieva nella sua parrocchia i migranti: è stato arrestato perché accusato di aver firmato attestati di ospitalità che consentono ai braccianti di avere un tetto. E ora lo attende il processo!               Stessa situazione nella baraccopoli di S. Nicola a Varco, comune di Eboli (Salerno), dove un migliaio di braccianti maghrebini vivevano in una situazione di grande degrado umano. Il 19 Novembre 2009 questi immigrati, impegnati in lavori agricoli nella Valle del Sele, sono stati cacciati e la baraccopoli demolita perché dichiarata non idonea (ed è vero!), ma senza offrire loro un altro posto dove andare a dormire. Inutili le proteste che abbiamo fatto al Prefetto ed al Questore di Salerno. Oggi non c’è più una baraccopoli a S.Nicola a Varco, ma abbiamo centinaia di braccianti che dormono dove possono nella valle del Sele.             Tutti questi braccianti sono forza lavoro, pagata a basso prezzo, alla mercé dei caporali che fanno poi da tramite alle mafie. E questo ci porta al dolente capitolo delle condizioni di lavoro.                                                     Tra caporali e mafie               Il 26 aprile del 2010 ci sono stati, a Rosarno, una trentina di arresti, venti aziende agricole sequestrate e sigilli a duecento appezzamenti di terreno per un valore di dieci milioni di euro. E questo per l’inchiesta della Procura di Palmi (RC), nata in seguito alla rivolta di Rosarno .             Finiscono così in manette caporali e proprietari di agrumeti della Piana di Gioia Tauro, accusati di associazione a delinquere per lo sfruttamento della mano d’opera ed induzione all’immigrazione clandestina. Profittatori della disperazione dei braccianti stranieri, costretti a lavorare per pochi euro al giorno .             E’ l’Italia dei caporali, i boss del neoschiavismo che impongono la loro legge e fanno affari d’oro alle spalle di 60 – 70 mila immigrati braccianti che vivono in condizioni di degrado simili a quelle riscontrate a Rosarno.             Seconda la Flai Cgil, gli immigrati irregolari impiegati in agricoltura nel meridione sfiorano il 90%. Lavorano anche dieci ore al giorno e a volte la paga non arriva a 15 €. Le percentuali  migliorano al centro ( 50% ) e al Nord ( 30% ).             Secondo la Confederazione Italiana Agricoltori, nei “luoghi della vergogna”, il 40% dei braccianti stranieri vive in edifici abbandonati e fatiscenti, oltre il 50% senza acqua potabile, il 30% senza elettricità, il 43% senza servizi igienici. I raccoglitori di verdura a cottimo hanno tra i 16 ed i 34 anni. L’80% non ha mai visto un medico.             Una nota a parte merita la provincia di Foggia, dove la raccolta dei pomodori è nelle mani del racket che paga gli immigrati 10 € al giorno.                         Al Nord è l’edilizia l’altro terreno di conquista dei caporali. Qui un lavoratore su quattro lavora nel sommerso: 700.000 gli immigrati irregolari impiegati nelle imprese (in questo siamo al primo posto in Europa). Li troviamo all’alba a Milano a Piazzale Lotto o a Lambrate che chiedono una giornata in cantiere. Un manovale regolare costa 21 € all’ora, se c’è di mezzo l’intermediario è meno di metà. Il resto va al caporale. E al Nord i caporali sono sempre più  egiziani, marocchini, rumeni o anche cinesi che gestiscono i loro connazionali sul lavoro e nella vita. Un altro capitolo vergognoso!                                                                         Respingimenti               Non sono bastate le leggi razziste, si sono aggiunti i respingimenti in mare nel corso dei quali migliaia di persone sono state rigettate, a rischio della loro vita, nei campi libici o nei loro paesi di provenienza, dove li attende un altro calvario.             Come missionari/e  siamo testimoni che questa spinta migratoria, proveniente dall’Africa, che tenta di attraversare il Mediterraneo, è dovuta alla tormentata situazione del continente nero, in particolare dell’Africa Orientale e Centrale. La situazione di miseria, i regimi oppressivi, le guerre in atto dell’Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Ciad sospingono migliaia di persone a fuggire attraverso il deserto per arrivare in Tunisia e in Libia , dove sono sfruttati come schiavi. Buona parte di questi immigrati sono rifugiati politici ed hanno diritto all’asilo politico, fra l’altro ricordato due volte nella nostra Costituzione. E qual è la risposta del governo? Chiudere le frontiere e bloccare questa ’invasione’. E per questo il governo Berlusconi ha stipulato accordi con la Libia e con la Tunisia. Il 5 gennaio 2009 il Senato italiano ha approvato il Trattato col governo libico di Gheddafi per impedire che le cosiddette  ‘carrette’ del mare  arrivino fino a Lampedusa o sulle coste italiane. Sono migliaia gli immigrati morti nel Mare Nostrum. Secondo uno studio di G.Visetti, giornalista di La Repubblica,dal 2002 al 2008 sono morti 42mila persone, trenta immigrati al giorno, ingoiati dal mare davanti alla fortezza Europa. (Senza dimenticare le migliaia di migranti che muoiono attraversando il deserto del Sahara)                                                                                             Davanti a tali orrori, come si fa a firmare un Trattato con la Libia di Gheddafi, un vero dittatore, che tratta in maniera così vergognosa gli immigrati che vi arrivano? Come si fa ad armare con motovedette e tante armi (nel 2009 abbiamo venduto materiale bellico per un valore di 111 milioni di euro!), un paese che le usa contro gli immigrati? Lo stesso vale per la Tunisia, a cui  nel 2009  abbiamo venduto armi per oltre 3 milioni di euro. Il 27 gennaio 2009 il ministro Maroni,  si è incontrato con il suo omonimo tunisino per la stessa ragione, cioè il respingimento dei migranti.                                                                       L’Italia sta ora pagando voli aerei che partono dal nostro Sud, ma anche da Malta o dalla Libia e che riportano gli immigrati nel loro paese. Vuol dire portarli alla tortura o  alla morte. Basta vedersi il filmato del giornalista dell’Espresso F.Gatti, ”L’amico Isaia” e “Eritrea: Voices of torture” per rendersi conto di quanto tragica sia la situazione e quanto  poco  cristiano ed evangelico sia il comportamento del governo italiano.             Giustamente  Famiglia Cristiana ha paragonato questi respingimenti alla Shoah.                           A tal proposito il prof. Antonio Esposito  dell’Orientale di Napoli, nel libro A distanza d’offesa, così si esprime :”Così finiscono gli uomini e le donne che non sbarcano più a Lampedusa. Bloccati in Libia dall’accordo Roma –Tripoli e riconsegnati al deserto. Abbandonati sulla sabbia , appena oltre il confine. A volte sono obbligati a proseguire a piedi. Altre volte si perdono. Cadono a faccia in giù, sfiniti, affamati, assetati senza che nessuno trovi più i loro cadaveri (come riporta F.Gatti nell’Espresso). L’Italia, come l’Europa, prova a costruire la sua fortezza. Le immateriali mura di recinzione sono erette con le carte che fanno le leggi, sono tenute insieme dai sentimenti di indifferenza, falso disdegno e disprezzo , propri del senso comune. Restano fuori donne, uomini, vecchi, bambini, partiti inseguendo un orizzonte di dignità.”                                                      Negazione dei diritti umani               E questi respingimenti avvengono non solo a largo delle nostre coste, ma anche nei nostri porti più importanti. Sappiamo di sicuro che nei porti di Ancona, Brindisi e Napoli sono migliaia gli immigrati che vengono respinti ogni anno. Ne abbiamo fatta esperienza diretta con i nove immigrati della nave’ Vera D’, che ha attraccato a Napoli il 7 aprile 2010. L’ordine del ministro  Maroni era perentorio: dovevano essere respinti!               “Questi respingimenti – ha detto Luigi Ferrajoli – all’incontro tenutosi nel 2009 a Lampedusa  – sono illegali sotto più aspetti. Hanno violato, anzi tutto, il diritto di asilo stabilito dall’articolo 10 (comma 3) della Costituzione per lo ‘straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche’, giacché le navi italiane con cui gli immigrati vengono riportati in Libia sono territorio italiano, siano esse in acque territoriali o in acque extraterritoriali. E lo hanno violato doppiamente, giacché questi disperati vengono respinti in quei lager che sono i campi libici, dove sono destinati a rimanere senza limiti di tempo e in violazione dei più elementari diritti umani.             Hanno violato, in secondo luogo, la garanzia dell’Habeas Corpus, stabilita dall’articolo 13 (Comma 3) della Costituzione: questi respingimenti si sono infatti risolti in accompagnamenti coattivi, non sottoposti a nessuna convalida giudiziaria …             Infine sono state violate le convenzioni internazionali che l’Italia, nell’articolo 10 della Costituzione, si è impegnata a rispettare: l’articolo 13 della Dichiarazione Universale sui Diritti Umani sulla libertà di emigrare; l’articolo 14 della stessa dichiarazione sul diritto di asilo; l’articolo 4 del Protocollo 4 della Convenzione Europea sui Diritti Umani che vieta le espulsioni collettive.”             Con questi respingimenti siamo davanti ad una massiccia violazione dei diritti umani da parte del governo italiano.               La Navi Pellay, Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU , incontrando al Viminale il nostro Ministro degli Interni Maroni ha detto: “Gli immigrati non sono rifiuti tossici, vanno salvati e tutelati. E’ un obbligo per le autorità preposte salvare vite umane in pericolo.”             Ed  ha poi aggiunto: “Gli immigrati non devono essere stigmatizzati ne’ criminalizzati. Piuttosto vanno creati meccanismi in grado di stimolarne l’integrazione e l’inserimento nella società. I migranti non possono venir percepiti come una minaccia alla sicurezza perché questo non fa che incrementare le paure dei cittadini”.                         Anche il rapporto 2010 di Amnesty International stigmatizza l’Italia come razzista.   La tratta               Un altro aspetto dell’ immigrazione in Italia è la tratta delle donne per la prostituzione. Secondo stime attendibili, sulle strade  abbiamo dalle 30 alle 50 mila ragazze nigeriane, vittime di questo traffico nel nostro paese. Senza parlare delle altre donne albanesi, romene, latino-americane…, che costellano le nostre strade per i nove milioni di italiani (il 70% di questi è sposato!) che comprano sesso per strada. E’ chiaro che questa tratta è il frutto di racket internazionali  e mafie italiane che aggiungono sfruttamento a sfruttamento.             E anche  vi sono delle responsabilità politiche ben precise .               “Come fermarli? – si chiede un missionario, padre Franco Nascimbene, che ha lavorato a lungo a Castelvolturno - è una situazione complessa, fatta da connivenze e corruzioni che solo le istituzioni, i governi e le polizie potrebbero affrontare efficacemente.           Esistono già leggi che colpiscono coloro che sfruttano la prostituzione, tuttavia si ha l’impressione che manchi una decisa volontà politica di fermare la macchina infernale che produce schiavitù e distrugge il futuro di migliaia di ragazze. -Se  le istituzioni investissero maggiormente nell’attività investigativa, impiegando più uomini a pedinare madames. Sfruttatori, camorristi e mafiosi, -se  creassero più legami con le polizie di origine delle ragazze, -se controllassero i flussi di denaro provenienti dalla prostituzione che escono dall’Italia attraverso la Western Union e altre agenzie ( come è stato fatto in altri campi, là dove c’era la volontà politica di fermare certe espressioni della criminalità), si potrebbe fermare o perlomeno rallentare la tratta di donne a scopo di prostituzione.                                                                    Carceri               Per quanto riguarda il tema carcerario ci preme dire che  il 37.1 % della popolazione carceraria è di origine straniera (24.922 su 67.452,al 21 aprile 2010) e sottolineare alcune problematiche specifiche connesse alla vita detentiva degli stranieri...per esempio difficoltà linguistiche, condizioni economiche disagiate anche a causa della lontananza delle famiglie di origine, l'assenza di una rete familiare e amicale... (Antigone,1(2009),25).             Pensiamo che, come missionari/e, incontriamo qui, in carcere, parte della realtà che abbiamo avuto modo di condividere altrove. Crediamo di poter offrire un contributo estremamente prezioso ed un possibile punto di riferimento dal punto di vista umano e spirituale ai/alle detenuti/e ed al personale penitenziario.     La voce profetica delle Chiese d'Africa               Ci conforta, come missionari/e, il fatto che i vescovi dell’Africa riuniti a Roma per il II Sinodo Africano (4-25 Ottobre 2009) abbiano  avuto il coraggio di parlarne nei loro interventi in aula. Hanno affrontato questo argomento i vescovi:  G. Martinelli (Tripoli, Libia), B. D. Souraphiel (Addis Abeba, Etiopia), W. Avenya (Makurdi, Nigeria), G. C. Palmer – Buckle (Accra, Ghana), G. ‘Leke Abegunrin( Osogbo, Nigeria) ed infine il Cardinal T. A. Sarr (Dakar, Senegal) (vedi Per un’Africa riconciliata – Memoria del II Sinodo Africano a cura di Anna Pozzi).             “Gli africani continueranno a venire in Europa – ha detto il vescovo W. Avenya – con tutti i mezzi, anche al prezzo di morire nel deserto o per mare, finché l’equilibrio economico ed ambientale tra Africa e resto del mondo non verrà ristabilito da chi ne è responsabile e cioè dall’Occidente!”             Non meno esplicito l’arcivescovo di Addis Abeba, Souraphiel: “Spero che questo Sinodo per l’Africa sondi le cause che sono alla base del traffico di esseri umani, delle persone sfollate, dei lavoratori domestici sfruttati, dei rifugiati, dei migranti, specialmente degli africani che giungono nei barconi e dei richiedenti asilo e che sortisca posizioni e proposte concrete per mostrare al mondo che la vita degli africani è sacra e non priva di valore come invece sembra essere presentata e vista da molti media.”             Non meno pesante l’intervento del vescovo Abegunrin di Osogbo (Nigeria): ”La voce profetica della Chiesa a favore dei poveri e degli oppressi non deve mai essere compromessa o sacrificata sull’altare di un’amicizia religiosa o di un tornaconto materiale.” Ed egli applica subito questo alla questione degli immigrati: “Una delle maggiori sfide che questo Sinodo dovrebbe affrontare è il destino di un gran numero di immigrati africani presenti in tutti i paesi dell’Occidente. Dall’inizio di questa crisi economica, molti paesi occidentali hanno elaborato leggi e strutture difensive a sostegno delle proprie economie. Purtroppo a questo scopo sono state varate leggi che si avvicinano molto a negare perfino i diritti umani degli immigrati. Soprattutto in Italia, l’immigrazione clandestina è diventata un reato!”             E’ toccato poi all’arcivescovo di Dakar, il cardinal Sarr analizzare in profondità il fenomeno degli immigrati: “Vorrei sottolineare il carattere rivelatore del fenomeno della migrazione clandestina. L’avventura così rischiosa dei migranti clandestini è un vero e proprio grido di disperazione, che proclama di fronte al mondo la gravità delle loro frustrazioni ed il loro desiderio ardente di maggiore benessere.             Percepiamo noi questo grido di disperazione e lo lasciamo penetrare nel nostro cuore tanto da cercare di capirne il senso e la portata?” E il cardinale conclude: “Sappiamo bene, infatti, che non sono le barriere della polizia, per quanto possono essere invalicabili, ad arrestare la migrazione clandestina, bensì la riduzione effettiva della povertà otterremo la promozione di uno sviluppo economico e sociale che si estenda alle masse popolari del nostro paese.”             E’ stato infine l’arcivescovo di Accra, Palmer – Buckle, a esprimere in un intervento pesante il “sentire” dei vescovi africani al Sinodo attaccando le tendenze xenofobe presenti in Europa che “considerano gli africani come se non avessero diritti.” E con molta ironia  ha concluso: “ Come fate voi europei a parlare di diritti umani universali?”                                                             Ci impegnamo               Anche nell'ambito del fenomeno migratorio noi missionari/e ci proponiamo una lettura piena di fede e di speranza perché, al di là dei risvolti drammatici che spesso accompagnano le storie dei migranti, i loro volti e le loro vicende portano il sigillo della storia di salvezza e della teologia dei 'segni dei tempi'.             La Chiesa difatti intende affermare la cultura del rispetto, dell'uguaglianza e della valorizzazione delle diversità, capace di vedere i migranti come portatori di valori e di risorse. Essa invita a rivedere politiche e norme che compromettono la tutela dei diritti fondamentali...esprime inoltre un forte dissenso rispetto alla prassi sempre più restrittiva in merito alla concessione dello 'status' di rifugiato e al ricorso sempre più frequente alla detenzione e all'espulsione dei migranti.             La presenza dei migranti in mezzo a noi ci ricorda che, dal punto di vista biblico, libertà e benessere sono doni e come tali possono essere mantenuti solo se condivisi con chi ne è privo. I fondamenti del rispetto e dell'accoglienza dei migranti sono contenuti, per noi credenti, nella Parola di Dio. (Vegliò,oc.).   Per questo  Invitati dai documenti del magistero vogliamo imparare a leggere le Migrazioni come ' un segno dei tempi', per la Chiesa e la Società. Facciamo nostre le affermazioni dei Vescovi africani del II Sinodo dell'Africa (Roma 5-24 ottobre 2099). . Stiamo dalla parte degli immigrati, la nostra è una scelta di campo: la scelta degli ultimi. Crediamo che non sia sufficiente denunciare. Come Istituti Missionari, inseriti nelle Chiese Locali, siamo chiamati ad agire mettendo a disposizione personale adatto ed il supporto di strutture adeguate per un lavoro con gli immigrati, privilegiando il lavoro congiunto con la commissione Migrantes a livello nazionale e locale. Sollecitiamo la CEI  a redigere un documento che, oltre la denuncia della deriva culturale rispetto al tema migratorio, offra gli opportuni orientamenti alle comunità cristiane.   Noi missionari/e crediamo fermamente, come diceva il grande vescovo-martire di Oran (Algeria) Pierre Claverie, che non c’è umanità se non al plurale.       Conferenza degli Istituti Missionari Italiani (CIMI) Commissione di Giustizia, Pace e Integrità del Creato della CIMI.         Per adesioni, scrivi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.   Il circolo Legambiente di Corato sostiene la realizzazione di  pozzi in Niger nella zona  Gourmancé (sud-ovest). Puoi sostenere l'iniziativa attraverso bonifico bancario sul conto di SMA SOLIDALE ONLUS, Cod. IBAN: IT57 A061 7501 4170 0000 1838 280, presso la Banca CARIGE Agenzia 117, via Timavo 92/R GENOVA o effettuare il versamento sul CCP (conto corrente postale) n° 944 445 93, intestato a: SMA Solidale Onlus, Via Romana di Quarto, 179 - 16148 Genova indicando nella causale "per progetto Pozzi in Niger, cod S010". Per info :   www.missioni-africane.org  o www.legambientecorato.it  

Parlando del futuro: le prospettive dell’ecosistema locale

  Parlando del futuro: le prospettive dell’ecosistema locale  

  DOCUMENTO ASSEMBLEA 2010   Corato, 21 febbraio 2010    

  «L'unità della Terra è un fatto compiuto, dal punto di vista empirico. Da allora ogni problema particolare è anche un problema mondiale e solo se come tale è recepito e affrontato diventa anche problema veramente umano» (E. Balducci)         Premessa “Posizioni o competenze?” questo è il tema scelto quest’anno dalla Direzione Nazionale per festeggiare i primi 30 anni di vita di Legambiente. Già, posizioni o competenze sono due parole fondamentali che ben delineano la strada su cui si è sempre mossa Legambiente in questi anni: da un lato le competenze che sono il perno centrale di tutte le nostre azioni e dall’altro la capacità di prendere posizioni sulle questioni senza ambiguità, ma con uno sguardo libero da posizioni ideologiche o precostituite, cercando sempre di promuovere lo sviluppo della cultura e la tutela del paesaggio come recita l’art. 9 della nostra Costituzione. Anche il nostro circolo, che con il Tesseramento 2010 compie i suoi primi 20 anni di storia, ha sempre svolto la sua azione cercando sempre di proporre un punto di vista originale e capace di stimolare quella coscienza civile legata al rispetto del territorio. Ripercorrendo brevemente la nostra storia, la potremmo dividere in due fasi: la prima segnata da un primo settennio durante il quale si è formato il primo gruppo cittadino e si sono cominciate le prime battaglie ed organizzate le prime campagne, la seconda segnata dalla costituzione come gruppo di volontariato con un proprio statuto ed autonomia che hanno rappresentato gli anni della crescita e della maturità da un punto vista associativo. Durante gli ultimi anni, inoltre, si sono rafforzati sempre di più i rapporti con le struttura Regionale e Nazionale di Legambiente.   L’identità La nostra identità ed il nostro stile di fare ambientalismo, sono indissolubilmente legati all’ambientalismo scientifico. L’evidenza scientifica delle problematiche ambientali ed il progresso della scienza libera e responsabile, sono i due pilastri su cui si basano le nostre competenze che poi la discussione associativa trasforma in posizioni, così come recita il tema del tesseramento 2010, appunto, “posizioni o competenze?”. Di fronte a noi i nemici, i conflitti, i contrasti e gli obiettivi di sempre: degrado ambientale, la qualità della vita e della biodiversità, tutela del territorio, le questioni energetiche, i rifiuti… Nel corso di questi anni, e delle varie campagne e battaglie abbiamo affiancato comitati (ad esempio, il comitato di Via Massarenti/via Prenestina) e gruppi spontanei di cittadini oltre a battaglie e d iniziative che abbiamo condotto in modo autonomo sollevando importanti questioni ambientali e sociali. Le campagne quindi, come strumento essenziale di presenza sul territorio. Con iniziative come Puliamo il Mondo, Mal’Aria, Cambio di Clima, abbiamo coinvolto, non solamente la nostra associazione, ma, molte altre risorse sociali presenti nella nostra città, e le aree più periferiche come dimostrano le iniziative lanciate lo scorso anno che ci anno visto presenti in aree di solito ai margini della vita cittadina. Un ruolo sempre più importante sta assumendo la nostra presenza in rete con il sito www.legambientecorato.it , ormai ha superato il  quinto anno di vita, che rappresenta certamente il principale veicolo di diffusione delle nostre proposte, denuncie ed iniziative, oltre alla presenza sulle varie testate.  Al sito da qualche mese si aggiunge la nostra presenza con un proprio profilo anche sui due principali social networks: Facebook (con oltre 1700 amici nel giro di pochi mesi) e Twitter.   Il nostro circolo Seppur tante sono state e sono le iniziative poste in campo, il nostro circolo ha bisogno di attivare una serie di ulteriori iniziative finalizzate a ripristinare i giusti equilibri socialmente fisiologici, che possiamo sintetizzare in una serie di punti chiari e sintetici: - sensibilizzare in modo più esteso i cittadini sulle maggiori problematiche ambientali del territorio; - implementare la capacità di discutere dell’associazione sui vari temi sociali, culturali e politici sotto una chiave di lettura ambientalista; -  pianificare le attività attraverso la redazione di una programmazione annuale delle campagne e delle iniziative; -  incrementare le collaborazioni e partnership con istituzioni, associazioni, gruppi e/o comitati; -  rilanciare la nostra presenza sui media per promuovere: campagne, iniziative, attività; -  offrire delle convenzioni e servizi maggiori per i soci. Del resto in quest’ultimo anno, un rinnovamento ed un rilancio si è avuto. Qualche forza fresca si è avvicinata, abbiamo avviato campagne di cooperazione internazionale, vedi la campagna di raccolta fondi, indiretta e diretta,  per i pozzi in Niger realizzata in favore della SMA (Società Missioni Africane) di Genova e per la quale abbiamo organizzato, prima, la presentazione del Libro di Padre Mauro Armanino “Cinque nomi per dire Liberia”, in collaborazione con una rete di associazioni quali Presidi del libro, Charitas ed altre, e poi una due giorni con conferenza alla presenza di due missionari SMA ,realizzata in collaborazione con il Gruppo Scout ASCI di Corato. Abbiamo riannodato i rapporti con altre realtà associative, vedi l’ ARCI, proprio per riuscire a coinvolgere nuove persone e  giovani nelle nostre battaglie, vertenze ed iniziative. In quest’ultimo anno,periodicamente stiamo organizzando una serie di banchetti nelle varie strade e piazze della nostra città su diverse tematiche ambientali,socio-culturali per avere un contatto costante con i cittadini della nostra città.  Tuttavia, è chiaro che questo non basta occorre partire innanzitutto da noi e da quanto abbiamo voglia di spenderci per far si che rimanga a Corato un Circolo di Legambiente quale presidio sul territorio.       Principali questioni ambientali Per ridare slancio alla nostra azione sul territorio siamo convinti che sia opportuno partire dall’affrontare alcune delle principali questioni, a partire da:  - Istituzione della  consulta Consulta all’ambiente, nella quale il nostro circolo dovrà avere un ruolo da protagonista visto il lavoro che da vent’anni viene fatto sul territorio; - rilancio del Parco dell’Alta Murgia, e le attività agricole ad esso connesse nell’ottica di una ripresa complessiva dell’intero comparto che sappia mettere al centro le produzioni tipiche e locali di olio e vino, senza dimenticare l’importante settore legato alla lavorazione del latte e dei derivati. - continuare la nostra attenzione nei confronti del PUG e della problematica legata al consumo di suolo; - rilancio della battaglia antinuclearista per ribadire le ragioni del Clima in favore delle fonti rinnovabili e dell’efficienza e del risparmio energetico, chiedendo alla nostra Amministrazione di rendere Corato città denuclearizzata (richiesta protocollato il 20 febbraio 2009 ma alla quale non abbiamo ricevuto nessuna risposta); - proporre politiche di recupero e ripristino del verde urbano attraverso una pianificazione di luoghi ed essenze arboree autoctone (basta con la palmificazione urbana); -  porre attenzione alle politiche sulla mobilità e sostenendo la vertenza contro la proposta di Parcheggio interrato in Piazza Vittorio Emanuele; - attivare finalmente un piano di gestione dei rifiuti urbani degno ti questo nome visto che nonostante i risultati appena sufficienti (siamo infatti, intorno al 20%) quest’anno pagheremo il massimo di ecotassa regionale e cioè 15 € tonnellata di tal quale smaltito in discarica. L’unica soluzione era e resta il Porta a porta esteso a tutta la città; - rilancio delle vertenze storiche legate all’inquinamento elettromagnetico vedi elettrodotto di via Massarenti, e la recente polemica avuta con il nuovo comitato; la delocalizzazione delle antenne di Monte Ripanno; - proporre nuove politiche culturali in grado di favorire nuovi momenti e luoghi di aggregazione per associazioni, gruppi, giovani, bambini ed anziani; la nostra presenza all’interno della consulta della Cultura alla quale non siamo stati più convocati dal 16 aprile 2009; - rilancio di azioni in favore della scuola pubblica, dell’educazione ambientale e più in generale delle politiche educative,viste le emergenze che questo settore sta vivendo nel campo sociale.    Conclusioni Il nostro circolo rappresenta un segmento della storia ambientale locale, non solo nel corso dei venti anni trascorsi, ma soprattutto perché, prima di noi, non esistevano associazioni e/o formazioni politiche aventi questo obiettivo sociale e culturale  per la nostra città. In quest’anno sociale che segna il nostro primo ventennale di storia, dobbiamo sempre di più riscoprire le ragioni della nostra associazione per continuare a far crescere quella consapevolezza culturale necessaria per costruire davvero e concretamente un mondo diverso a partire dalla nostra comunità locale. Insomma, non sono solo a fare del "pensiero verde" la questione del futuro, ma anche la sfida sulla sicurezza ambientale passa per l'ecologismo a livello globale come a quello locale. Pensiamo, quindi, alla nostra città come uno spazio condiviso da tutti in cui il rispetto delle culture e delle diversità possano essere il common ground- il terreno comune per la costruzione di un futuro migliore ed orientare le scelte verso una nuova intraprendenza sociale. Peraltro, così mirabilmente concettualizzava Don Milani, secondo il quale fare politica va nel senso di assumere coscienza sociale, farsi carico di necessità collettive relativamente al proprio ruolo, per la costruzione e l’esercizio di un protagonismo che produca valore sociale.       Il circolo Legambiente di Corato sostiene la realizzazione di  pozzi in Niger nella zona  Gourmancé (sud-ovest). Puoi sostenere l'iniziativa attraverso bonifico bancario sul conto di SMA SOLIDALE ONLUS, Cod. IBAN: IT57 A061 7501 4170 0000 1838 280, presso la Banca CARIGE Agenzia 117, via Timavo 92/R GENOVA o effettuare il versamento sul CCP (conto corrente postale) n° 944 445 93, intestato a: SMA Solidale Onlus, Via Romana di Quarto, 179 - 16148 Genova indicando nella causale "per progetto Pozzi in Niger, cod S010". Per info :   www.missioni-africane.org  o www.legambientecorato.it

Attenti al falso nucleare verde

Attenti al falso nucleare «verde»   di Giorgio Nebbia tratto dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 12/01/2010  

   Quando il mineralogista norvegese Jens Esmark trovò una roccia contenente un minerale che non riusciva ad identificare non trovò di meglio da fare che mandarlo al grande chimico svedese Jacob Berzelius (1779-1848) che aveva già scoperto nuovi elementi come il silicio, il selenio, il cerio. Berzelius si mise al lavoro e, nel 1828, riconobbe nel minerale la presenza di un nuovo elemento metallico che chiamò torio, in onore del dio Thor, una divinità scandinava.    Il torio non ebbe grandi applicazioni per molto tempo fino al 1892 quando l’inventore austriaco Carl Auer (1858-1929) scoprì che, ponendo delle reticelle di fili di torio intorno ad una fiamma, questa reticella forniva una intensa luce bianca, migliorando l’illuminazione delle lampade a gas. Ma anche questa ondata di interesse ebbe breve vita; poco dopo venivano introdotte le lampade elettriche ad incandescenza con filamento di tungsteno che fornivano una luce intensa senza fiamma.    Dopo un altro periodo di limitato interesse commerciale, il torio ha ricevuto di nuovo attenzione come possibile «combustibile», o meglio materia prima, per i reattori nucleari. Il torio fa parte di una famiglia di elementi, chiamati «attinidi» ad alto peso atomico, gli ultimi della tabella di Mendeleev, che si trovano subito dopo il radio (peso atomico 226 volte superiore a quello dell’idrogeno). Il primo elemento della serie è appunto l’attinio e il successivo, nella casella numero 90, è proprio il torio, peso atomico 232, dotato di un nucleo contenente 90 protoni e 142 neutroni.    LE CARATTERISTICHE DEL TORIO - Fra gli attinidi si trovano tutti gli elementi coinvolti nell’energia nucleare, l’uranio e poi il nettunio, plutonio, americio. La scoperta della fissione nucleare, la possibilità di ottenere energia dalla «frantumazione» di un nucleo atomico in nuclei più piccoli, fu fatta da Enrico Fermi (1901-1954) nel 1939. Stava intanto arrivando la seconda guerra mondiale e negli Stati Uniti fu avviato un programma per studiare tutte le possibili strade con cui ottenere energia dai nuclei atomici; fra l’altro gli scienziati videro che, in seguito all’urto dei neutroni sui nuclei del torio non si aveva fissione e liberazione di energia, come con uranio e plutonio, ma si aveva la formazione di un isotopo dell’uranio, l’uranio-233, che era fissile e poteva essere utilizzato come fonte di energia.    Mentre la maggior parte dell’interesse fu rivolto, dal 1943 in avanti, all’uranio e al plutonio, più «facili» da ottenere e utilizzare anche per bombe atomiche, il gruppo diretto dal fisico americano Alvin Weinberg (1915-2006) studiò dei reattori nucleari funzionanti con il ciclo torio-uranio. Furono anche costruiti dei reattori con tale ciclo; quello di Elk River, nello Stato del Minnesota è abbastanza noto da noi perché l’allora Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare aveva avviato un programma per il trattamento del «combustibile» usato in questo reattore.    Il reattore funzionò soltanto dal 1962 al 1968 e fu poi abbandonato, ma intanto le sue scorie radioattive erano state spedite in Italia e sono ancora qui, a Trisaia, in Basilicata, con la loro inutile e costosa e pericolosa radioattività. I reattori funzionanti col ciclo torio-uranio furono abbandonati anche perché durante la guerra fredda, Stati Uniti e Unione   Sovietica avevano interesse a costruire bombe nucleari a base di plutonio e dal 1946 in avanti tutti i reattori militari e commerciali furono realizzati quindi col ciclo basato sull’ura - nio che forniva, come sottoprodotto, appunto il «prezioso» plutonio.    La guerra fredda è finita ma i reattori nucleari continuano a funzionare col ciclo uranio-plutonio e anche quelli previsti sono a base di uranio. Gli inconvenienti sono molti: i costi di costruzione e di funzionamento sono elevati; le riserve di uranio sono limitate; si formano grandi quantità di scorie che restano radioattive per centinaia di secoli e che nessuno sa dove mettere; c’è il continuo pericolo che il plutonio radioattivo venga rubato a fini militari o di terrorismo.    I NUOVI REATTORI UGUALI AI VECCHI - È perciò rinato un interesse per i reattori a torio che alcuni fabbricanti propongono come fonti di «energia nucleare verde». Per quanto se ne sa, il torio in natura sarebbe più abbondante dell’ura - nio; il suo principale minerale, la monazite, è il sottoprodotto della lavorazione di sabbie contenenti minerali di titanio e zirconio e si trova in Australia, India, Stati Uniti, Canada, Norvegia, Groenlandia, Brasile, Sud Africa. Dalla monazite si estraggono già le «terre rare», importanti metalli industriali, e il torio sarebbe quindi il sottoprodotto di attività già in corso. Il lavoro con reattori a torio-uranio sono ripresi attivamente in India, Russia, Canada.    I reattori nucleari a torio sono abbastanza simili agli attuali. Col «bombardamento» di neutroni, il torio si trasforma in uranio-233 che subisce fissione liberando energia con formazione di neutroni che producono altro uranio-233 e prodotti di fissione radioattivi, anche se la radioattività di tali scorie è minore e diminuisce più rapidamente. L’uranio-233 è fissile, quindi adatto per bombe nucleari, ma la sua separazione e recupero è difficile perché è un elemento molto radioattivo e quindi meno esposto a furti e sabotaggi e a pericoli di proliferazione nucleare.    Il complesso militare-industriale mondiale cerca di sopravvivere tentando di presentare i reattori a torio come «verdi». Ma «verdi» non sono affatto e gli inconvenienti dell’energia nucleare restano tutti anche col torio e non vale far credere che «questo» nucleare ci libererà dal petrolio e dal carbone senza bisogno di energie rinnovabili.   Il circolo Legambiente di Corato sostiene la realizzazione di  pozzi in Niger nella zona  Gourmancé (sud-ovest). Puoi sostenere l'iniziativa attraverso bonifico bancario sul conto di SMA SOLIDALE ONLUS, Cod. IBAN: IT57 A061 7501 4170 0000 1838 280, presso la Banca CARIGE Agenzia 117, via Timavo 92/R GENOVA o effettuare il versamento sul CCP (conto corrente postale) n° 944 445 93, intestato a: SMA Solidale Onlus, Via Romana di Quarto, 179 - 16148 Genova indicando nella causale "per progetto Pozzi in Niger, cod S010". Per info:  www.missioni-africane.org  o www.legambientecorato.it  

Poesie sulla festa dell'albero

Poesie sulla festa dell'albero In English for schools

  Tree Poems The Heart of the TreeWhat does he plant who plants a tree?

He plants a friend of sun and sky;He plants the flag of breezes free;The shaft of beauty, towering high.He plants a home to heaven anighFor song and mother-croon of birdIn hushed and happy twilight heard --The treble of heaven's harmony --These things he plants who plants a tree.What does he plant who plants a tree?He plants cool shade and tender rain,And seed and bud of days to be,And years that fade and flush again;He plants the glory of the plain;He plants the forest's heritage;The harvest of a coming age;They joy that unborn eyes shall see --These things he plants who plants a tree.What does he plant who plants a tree?He plants, in sap and leaf and wood,In love of home and loyaltyAnd far-cast thought of civic good --His blessing on the neighborhoodWho in the hollow of His handHolds all the growth of all our land --A nation's growth from sea to seaStirs in his heart who plants a tree. Henry Cuyler Bunner(1855 - 1896) TreesI think that I shall never seeA poem lovely as a tree.A tree whose hungry mouth is prestAgainst the sweet earth's flowing breast;A tree that looks at God all day,And lifts her leafy arms to pray;A tree that may in summer wearA nest of robins in her hair;Upon whose bosom snow has lain;Who intimately lives with rain.Poems are made by fools like me,But only God can make a tree. Alfred Joyce Kilmer, (1886 - 1918) Think like a TreeSoak up the sunAffirm life's magicBe graceful in the windStand tall after a stormFeel refreshed after it rainsGrow strong without noticeBe prepared for each seasonProvide shelter to strangersHang tough through a cold spellEmerge renewed at the first signs of springStay deeply rooted while reaching for the skyBe still long enough tohear your own leaves rustling. Karen I. Shragg   She slept beneath a tree  She slept beneath a tree --Remembered but by me.I touched her Cradle mute --She recognized the foot --Put on her carmine suitAnd see! Emily Dickinson The Rose Tree 'O words are lightly spoken,'Said Pearse to Connolly,'Maybe a breath of politic wordsHas withered our Rose Tree;Or maybe but a wind that blowsAcross the bitter sea.''It needs to be but watered,'James Connolly replied,'To make the green come out againAnd spread on every side,And shake the blossom from the budTo be the garden's pride.''But where can we draw water,'Said Pearse to Connolly,'When all the wells are parched away?O plain as plain can beThere's nothing but our own red bloodCan make a right Rose Tree.'  William Butler Yeats Street in Agrigentum There is still the wind that I rememberfiring the manes of horses, racing,slanting, across the plains,the wind that stains and scours the sandstone,and the heart of gloomy columns, telamons,overthrown in the grass. Spirit of the ancients, greywith rancour, return on the wind,breathe in that feather-light mossthat covers those giants, hurled down by heaven.How alone in the space that’s still yours!And greater, your pain, if you hear, once more,the sound that moves, far off, towards the sea,where Hesperus streaks the sky with morning:the jew’s-harp vibratesin the waggoner’s mouthas he climbs the hill of moonlight, slow,in the murmur of Saracen olive trees. Salvatore Quasimodo   Il circolo Legambiente di Corato sostiene la realizzazione di  pozzi in Niger nella zona  Gourmancé (sud-ovest). Puoi sostenere l'iniziativa attraverso bonifico bancario sul conto di SMA SOLIDALE ONLUS, Cod. IBAN: IT57 A061 7501 4170 0000 1838 280, presso la Banca CARIGE Agenzia 117, via Timavo 92/R GENOVA o effettuare il versamento sul CCP (conto corrente postale) n° 944 445 93, intestato a: SMA Solidale Onlus, Via Romana di Quarto, 179 - 16148 Genova indicando nella causale "per progetto Pozzi in Niger, cod S010". Per inf  www.missioni-africane.org  o www.legambientecorato.it

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