Alla scoperta della biodiversità
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- Pubblicato Martedì, 19 Aprile 2011 00:00
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Alla scoperta della biodiversità
La salina e la zona umida sono una ricchezza da condividere
“Il sale canta, la pelle delle saline canta con bocca soffocata dalla terra metà Fui commosso da certe solitudini ascoltando la voce del sale nel deserto……” Pablo Neruda E’ una umida a livello internazionale: lunga circa 20 km e larga più di 4, è la più grande salina solare d’Europa con i suoi 4000 ettari di specchi d’acqua . Il lungo ciclo di produzione del sale, che parte da molto lontano nel tempo e nella storia, intrecciandosi e legandosi indissolubilmente a quella di Margherita di Savoia con i suoi Salinari e a quella della salina, partendo dall’età del Bronzo. Erano,in quel tempo, semplici conche e cavità del terreno in cui si depositava il mare che evaporando lasciava un sedimento bianco; più l’uomo scopriva i suoi molteplici usi, più ampliava quelle paludi, quelle lagune fino a farle diventare quelle che oggi si chiamano Saline. Ben più recente, è invece l’origine del nome di Margherita di Savoia. Il primo toponimo del paese è stato Salinis al tempo dei Romani, ed ,in seguito, Salapia ,poi, intorno all’anno Mille il suo nome divenne Salinelle. A metà del 1400, i Salinari furono costretti a spostarsi alla vicina Barletta per scampare alla malaria che a quei tempi ed in quei luoghi la faceva da padrona e fu così che il nome si trasformò in Salinelle di Barletta. E’ nel 1879 che, come segno di gratitudine e riconoscenza verso il re Umberto 1° di Savoia e sua moglie la regina Margherita per il loro passaggio in questo paese, dove i poveri abitanti lavoravano come schiavi e morivano di malaria, che il nome fu cambiato in Margherita di Savoia. Oggi la tecnologia ha alleggerito il lavoro dell’uomo, ma fino alla metà del Novecento, il lavoro del saliniere era davvero duro e faticoso tanto da essere definito lavoro per schiavi. Le squadre “ della rottura “, quelle degli “ zappasale “ e poi dei “ massinesi “, dall’alba al tramonto, lavoravano, con picconi e zappe, nei campi maturi di sale e tanti di loro anche a piedi nudi su quei cristalli così duri e taglienti, e con le ceste, trasportavano quell’oro bianco a spalla per formare quelle enormi montagne ( le aie di ammassamento ) all’ombra delle quali da sempre vivono i Salinari. La prima vera trasformazione delle tecniche di produzione, di raccolta,di trasporto e di confezionamento risale alla metà del ‘700 ad opera di Luigi Vanvitelli (1700- 1773), il celebre architetto ed ingegnere idraulico che aveva già realizzato la Reggia di Caserta, che progettò il passaggio naturale dell’acqua in tutto il suo percorso attraverso il sistema dei vasi comunicanti. Il ciclo di produzione del sale avviene in un arco di tempo molto lungo: dal momento dell’ingresso dell’acqua del mare alla raccolta passa un lungo, lento anno di tempo durante il quale l’acqua di mare compie ben 200 km prima di depositare i suoi cristalli; è un percorso lento e spettacolare che attraversa una laguna piatta e dai colori intensi, con argini rivestiti di salicornia e di altre piante grasse alofile: la zona umida più estesa dell’Italia centro-meridionale su un’area di 3.871 ettari ed attraversa i territori dei comuni di Margherita di Savoia, Cerignola, Zapponeta e Trinitapoli., che grazie alla convenzione di Ramsar (1971) è a vincolo di tutela. Riserva Naturale popolata da più di cento diverse specie di uccelli tra stanziali, svernanti, nidificanti e migratori, e tra le cui specie più caratteristiche troviamo: il fenicottero rosa deve il suo meraviglioso colore ad un piccolo crostaceo di cui si nutre chiamato artemia salina., il chiurlottello, colonie di rari gabbiani corallini e gabbiani rosei, varie specie di sterne, cormorani, gru (per lo più di passaggio), spatole, aironi bianchi maggiori e cenerini, garzette, pittime reali, combattenti, migliaia di pettegole, gambecchi, pivieri, piropiro, chiurli maggiori e minori, avocette e cavalieri d’italia. Numerose le specie di anatre svernanti nelle saline, soprattutto volpoche, mestoloni, folaghe, fischioni, e smerghi. Questa straordinaria presenza di avifauna e vegetazione ha conferito alla nostra Riserva la candidatura, il 18 dicembre 2008, a patrimonio mondiale UNESCO. A dispetto dei nostri tempi, così altamente tecnologici, il mantenimento di questo spazio naturalistico, è reso possibile unicamente dal lavoro dei salinieri, fatto di cura ed accompagnamento, ancora esclusivamente manuale: con il controllo della densità salina, della quantità di acqua evaporata e se piove, di quella caduta. Prelevata dal mare attraverso l’idrovora Aloisa ( 4500 metri cubi al secondo ), l’acqua viene immessa nella zona evaporante ( 3500 ettari…) costituita da una serie concatenata di vasche con pendenze e profondità diverse in cui l’acqua riduce il suo volume, grazie all’evaporazione ed aumenta la sua concentrazione passando quindi dai 3.5° Baumè (unità di misura della densità salina) dell’ingresso ai 25°Be. A quel punto, l’acqua, così satura e tanto trasformata, può entrare nella zona salante (solo 500 ettari ) in cui, proprio come una madre partorisce suo figlio, così essa partorisce i cristalli di sale facendoli precipitare sul fondo dei bacini e lei prende così il nome di” acqua madre “che si colora di tutte le sfumature del rosa grazie ad una microalga contenente betacarotene, la dunaliella salinis, che cresce notevolmente quando l’acqua diventa satura. Quell’acqua madre speciale come tutte le mamme sanno essere, satura e ricca di oligoelementi e sali minerali ha diversi usi specialmente termale per curare varie malattie a carattere infiammatorio. E’ possibile conoscere visitare questo luogo della biodiversità per visite guidate zona umida viale Salapia - Margherita di Savoia (Bat) Telefono: +39.0883.657519 - 335.1381562 http://www.museosalina.it/index.php?module=CMpro&func=viewpage&pageid=8 .
Vita Piazzolla
Giuseppe Faretra