II Annuncio La storia che cammina per le strade
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- Pubblicato Venerdì, 25 Febbraio 2011 00:00
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II Annuncio: La storia che cammina per le strade
Un incontro con Padre Mauro Armanino per parlare di un mondo che sta cambiando velocemente.
La nostra società sta vivendo una serie di evoluzioni ed involuzioni , nello stesso tempo, che ci pongono nuovi obiettivi di una storia che non si può limitare al nostro microcosmo. Ai nostri giorni l'avanzata della globalizzazione o mondializzazione genera, per reazione, un movimento di ripiegamento sul locale, esasperando la dialettica tra il globale e il locale. Il "noi" si fa sempre più piccolo, mentre la natura dei problemi esistenziali, sociali, ecologici e politici richiede che si dilati sempre più, fino ad includere tutta l'umanità.. Oggi la sostenibilità nel tempo e nella storia, non rappresenta più un sogno o un’utopia, ma la possibilità di trasformarsi in una concreta realtà. Se i pilastri della sostenibilità coincidono con la società, l’ambiente e l’economia è altrettanto fondamentale che questi inizino a dialogare reciprocamente. Il futuro non è rimandabile, si fa oggi nel presente, qui ed ora! Con una visione globale ed un’azione locale, quindi, è la città che rappresenta il luogo dove intervenire,con le scelte, l’impegno e le attività dei singoli cittadini. Per questo motivo, abbiamo organizzato un incontro aperto per parlare delle maggiori problematiche del sud del mondo,dello sviluppo sostenibile, della pace,della solidarietà e di altro ancora,visto il rincorrersi degli avvenimenti storici in atto nell’area del Mediterraneo. "La storia si fa con i piedi" - Edizioni EMI -è l'ultimo volume scritto da Padre Mauro Armanino che nel corso di questi ultimi anni ha toccato con le sue mani il problema dell'emigrazione nel centro storico di Genova e nel carcere Marassi. Il prossimo 11 marzo sarà presente insieme con padre Giampaolo Rulfi della SMA (Società Missioni Africane)presso la parrocchia Sacra Famiglia di Corato, secondo il seguente programma: ore 18,30 Santa Messa concelebrata con i padri missionari; ore 19,30 Incontro pubblico nella chiesa parrocchiale. L'ufficio stampa del circolo Link sul primo annuncio dell'evento: http://www.legambientecorato.it/notizie/530-i-annuncio-incontro-sui-temi-del-sud-del-mondo Scheda del libro: Mauro Armanino, La storia si fa con i piedi, Bologna, EMI, 2011, pag. 110, € 10 Dalla prefazione di Marco Aime* «La storia dell’umanità inizia con i piedi» scriveva il grande paleontologo André Leroi-Gourhan. Con buona pace dei sempre maggiori sostenitori delle «radici», gli umani camminano e si spostano e forse si complicano anche la vita. Forse aveva ragione Pascal a dire che «l’infelicità degli uomini viene da una sola cosa, non sapersene stare in pace in una camera», ma a volte stare nella propria casa non si può. Non te lo lasciano fare la fame, la guerra, le calamità naturali. E allora si parte. Con un camion, un treno, una nave e i piedi. Per fare la storia, una storia fatta di tanti piccoli fili che si intrecciano, come si intrecciano i vicoli della Genova vecchia, quasi volessero confondere il mare. È in quella penombra che confonde, in quella luce che non ha mezze misure, che taglia uomini e cose in due: bianche o nere, buie o illuminate che Mauro Armanino ha camminato. Molto ha camminato, arrivandoci dalle umidità soffocanti della Costa D’Avorio e dalle urla strozzate di guerra della Liberia, dove ha fatto il missionario per anni. Poi ha spostato il suo sguardo su queste vite contromano, finite in Italia da chissà dove e per chissà cosa. Le ha accompagnate, a piedi, nei loro giorni più duri, nel carcere e fuori, con la sua voce calma, che però non dà mai segno di cedimento. Si è messo al fianco di quelle persone, le ha ascoltate, nonostante il rumore di fondo dell’indifferenza e della fretta. Ho avuto la fortuna di avere l’autore di questo libro come studente nella laurea magistrale di Antropologia culturale ed Etnologia. Si fa per dire studente e non per l’età, ma per la sua sapienza e il suo impegno, che forse hanno dato a me più di quanto io abbia dato a lui. Lo ringrazio per le belle e lunghe discussioni intavolate in aula, con i ragazzi, per aiutarli a comprendere questa realtà così complessa che li circonda. Per aiutarci a comprendere come tutto sia legato, come ogni vicenda umana sia un filo di una trama unica. Come nessun uomo sia un’isola. «Migrante anch’io come loro, da vent’anni. Ho imparato a sentirmi con loro indifeso nella lingua e tradito dal colore, dalla pelle e dagli occhi. Confini stranieri e sospettosi. Pure io ho vissuto il timore di sbagliare la strada da prendere e, come loro, ho sofferto l’impressione di trovarmi fuori posto». Dai racconti di Mauro Armanino traspare spesso un disagio, trattenuto, non ostentato con quel tipico pudore da ligure, che mugugna un po’, ma non ammette che sta soffrendo. Un disagio per essere sempre fuori posto, eppure un missionario è tra la gente che dovrebbe trovare il «suo posto». Forse e qui che sta il problema, Armanino si sente spiazzato non quando è tra gli ultimi, ma quando deve fare i conti con noi, i locali, quelli di qui, con le nostre vite compresse, impermeabili, coibentate contro il dolore degli altri. È qui, che gli manca un terreno solido su cui costruire una solida convivenza. Chi ha vissuto in Africa come Armanino sa quanti volti ha il dolore e chi ha visto il mondo sa quante volte a causare questo dolore sono dei confini e delle frontiere. «La gente non è fatta per vivere in situazioni di frontiera, cerca di sfuggire o di liberarsene il prima possibile. E tuttavia non fa che imbattercisi, trovarle e sentirle ovunque». Così scrive il celebre giornalista e scrittore Ryszard Kapu∫cinski nel suo libro Imperium e sembra rispondergli il grande viaggiatore norvegese Thor Heyerdhal, quando afferma: «Le frontiere? Esistono eccome. Nei miei viaggi ne ho incontrate molte e stanno tutte nella mente degli uomini». Mauro Armanino queste frontiere e questi confini li ha attraversati, molte volte e sempre a piedi, perché è così che si fa la storia. Se non avessimo avuto piedi, saremmo ancora tutti a crepare di caldo in una torrida depressione dell’Etiopia da cui deriviamo tutti. Invece, bene o male, abbiamo occupato quasi ogni angolo del pianeta e anche i paladini di un Nord sempre più xenofobo, dovrebbero ricordare, che sono, siamo partiti tutti di là. Perché abbiamo piedi. Piedi e non radici. Una riflessione dell'Autore: QUANDO ERA ANCORA LONTANO Ogni epoca e cultura fabbricano sguardi a propria immagine e somiglianza. Ogni epoca e storia generano anche le proprie cecità. Imparare a vedere con i propri occhi è una delle condizioni per trasformare il mondo. Solo occhi trasformati, inumiditi dalla tenerezza dello Spirito rinnovano la lettura dei volti e degli avvenimenti, personali e collettivi. Questo tempo potrebbe essere interpretato come un'occasione per rimettere in discussione il nostro modo di guardare il mondo e dunque di guardare Dio. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò...(Lc.22,61) Tutto nasce da uno sguardo. All'inizio c'è uno sguardo che ci precede, che ci chiama e ci interroga.Uno sguardo che ha il sapore antico di un incontro che mai avremmo dovuto dimenticare. Eppue lo sappiamo, la dimenticanza ci pedina e ci assedia. Si trova alla radice di ogni tradimento.Anzi incarna il tradimento stesso nel tempo e nello spazio. Il Signore si volta, perché prima c'era una storia di amicizia e di promesse mantenute. C'è stato un passato che ha da dire qualcosa al presente. E allora Pietro si ricordò. La memoria di questo vissuto riemerge dalle frammentate emozioni del passato. Uno sguardo che provoca a ricordare per tornare a sperare. . Quali le 'dimenticanze' più marcanti nella nostra società e nelle nostre comunità? . Che tipo di sguardo 'fissiamo' su chi ci sta accanto? . Come educarsi a 'fare memoria' senza cadere nella trappola del passato? Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite 'arriva la pioggia' e così accade.(Lc.12,54) Fatichiamo oggi a leggere i segni di tempi perché continuamo a fidarci degli stessi occhi secchi di sempre. Le stesse categorie di giudizio, gli stessi parametri, le stesse parole. La politica ha bisogno della profezia e la profezia ha bisogno della politica. La lettura del 'tempo dei segni'necessita di un buon stenditoio da bucato e di semplici mollette. Imparare di nuovo a mettere le cose in modo che abbiano un significato, una storia, una consistenza, un futuro. Magari arriva la pioggia. E allora 'stendere i panni' è un gesto sovversivo. E' una sfida alla privatizzazione del pensiero e della vita. E'il rischio che ogni nuova scuola di profeti dovrebbe imparare a correre. . Come aiutarsi a leggere i 'segni dei tempi'? . Quali i 'segni' che ci sembrano particolarmente eloquenti oggi in comunità e nella società? . Di che sono 'segno' le nostre comunità? Guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori. (Mc.3,5) Forse si parla di me. Si parla di noi, oggi, di questo nostro tempo di mercanti e di disertori. C'è da rattristarsi per quanto accade nello svilimento della politica e nella perversità dell'economia. Eppure c'è più necessità ancora di indignarsi, seppure questa parola conservi molto poco dell'originario splendore, e non fosse stata, nel frattempo, resa inoffensiva. La durezza dei cuori non è tanto un giudizio di tipo etico, legato dunque a comportamenti più o meno 'morali', quanto un giudizio di tipo 'teologico' e cioè riferito al'idolatria del tempo. Tutto è mercato e il mercato è tutto, spesso anche nella Chiesa e non di rado nelle quotidiane scelte delle nostre comunità. Dolore e indignazione camminano insieme con la durezza di cuore che sembra aver colonizzato gli occhi e le parole. 'Consumo e dunque sono', appaiono gli argomenti principali delle scelte da non mettere in discussione. . Cosa è in grado di 'indignarci', come singoli e come comunità? . Quali le realtà 'dell'antiregno' che vediamo all'opera? . Quali le scelte che facilitano o ostacolano lo sguardo del vangelo? Quando era ancora lontano il padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. (Lc.15,20) E' perché siamo lontani che il padre vede e ha compassione. E' perché è padre che guarda da lontano. Vede ed ha compassione. Con lo sguardo e con i vestiti laceri del viaggio e dei respingimenti e dei campi di detenzione e delle strade delle schiavitù e dei ritorni. Arrivati da lontano oppure semplicemente lontani. Per questo ci si corre incontro con compassione. Ci si abbraccia come fosse la prima e l'unica volta. E ci si bacia come forse solo i padri sanno fare quando piangono come fossero madri oppure amanti. Eravamo ancora lontani. Lontani da casa, dall'altro mondo possibile, dalla nostra umanità. Lontani dal volto e dunque degni di uno sguardo di padre che somiglia a quello di una madre che attende anni il ritorno a casa. Finché il figlio non appare all'improvviso. Come la prima volta. Gli corre incontro. Come un padre. . Chi sono coloro che chiamiamo 'lontani' oggi, nella comunità e nella società? . Come poter esprimere la compassione con chi arriva da lontano? . Qual'è la qualità delle nostre relazioni umane? Quanto ci lasciamo trasformare da esse? Mauro Armanino, febbraio 2011, Genova-Vigne. Chi è Padre Mauro Armanino? Mauro Armanino è stato ordinato sacerdote nel 1984. Nato a Casarza Ligure, figlio di un partigiano,è arrivato al sacerdozio dopo essere stato operaio negli anni ’70 e sindacalista, in seguito volontario e ,poi, missionario della SMA (Società Missioni Africane), in Costa d’Avorio, in Argentina e in Liberia, dove ha vissuto durante la guerra civile, evento che ha registrato in un libro Cinque nomi per dire Liberia, EMI, 2008, il libro intervista: Cercando il volto-Edizioni Insieme-nel 2000 con introduzione di Monsignor Giovanni D'Ercole. Ora vive a Genova, dove si occupa di migranti e carcerati del carcere Marassi. Nel mese di aprile partirà in missione in Niger. * Marco Aime (Torino, 1956) è un antropologo e scrittore italiano. Insegna antropologia culturale presso l'Università di Genova. Ha partecipato alle edizioni 2007 e 2008 del Festival della Mente di Sarzana e alle edizioni 2004, 2007 e 2009 del Festivaletteratura di Mantova. Ha vinto il Premio Chatwin. Ha condotto ricerche in Africa occidentale (Benin, Burkina, Camerun, Mali, Togo) e sulle Alpi. (Fonte Wikipedia)