Una questione morale: l'ambiente

Questo periodo è stato caratterizzato da emergenze naturali  siccità , poi improvvise e , talvolta, violente piogge che hanno creato anche  problemi di produzione dei nostri prodotti tipici e gravi danni in alcuni centri della nostra regione. Tuttavia, l’aggressione dell’uomo si è spinta all’ inverosimile. Gli episodi del ritrovamento di rifiuti pesanti sull’Alta Murgia e dell’ occupazione di tratti fluviali del fiume Ofanto, chiamato dai Romani Aufidus, devono far riflettere l’opinione e pubblica e chi gestisce la cosa pubblica ad individuare percorsi di sostenibilità ambientale , dove un equilibrio tra uomo ed ambiente, non passa solamente attraverso la tutela, ma anche nel verso di scelte che abbiano come punto di riferimento la natura come “casa comune”, di tutti basata su un’etica della responsabilità e del rispetto. In passato, proprio su queste colonne sommessamente  ho scritto più volte sulla Murgia, dell’ importanza  e del valore di un territorio e del rischio che questa zona viveva, anche nel campo del rispetto dell’ambiente e dei vantaggi che si possono avere, non solo sotto l’aspetto ecologico, ma anche sotto la prospettiva storico- culturale, di una identità peculiare della nostra zona che rischia tuttoggi di essere sempre più gravemente compromessa e per certi versi di sparire. Alcuni pensano che quando si parla di un’istituzione di parco rurale  nazionale, regionale o quant’altro, ci siano solamente  “lacci” , “ vincoli” e “ divieti”, ma quando, poi, si assiste al ritrovamento di fanghi non proprio “naturali” o, per quanto riguarda l’Ofanto, all’occupazione dell’alveo di un fiume che ha già diversi problemi, la norma, la regola implica una vigilanza , il rispetto e non il rischio di un’ anarchia dei pochi , con il rischio che questi danneggino un patrimonio dei più. Bene ha fatto il Santo Padre Giovanni Paolo II che nel messaggio della XXIII giornata della pace “Pace con Dio creatore. Pace con tutto il creato” nel  1990  ha parlato di tutela dell’ambiente come forma ed espressione, appunto, di pace. Infatti, nel messaggio del 1 gennaio 1990 dice , tra le altre cose al capitolo sette : ” …  il segno più profondo e più grave delle implicazioni morali, insite nella questione ecologica, è costituito dalla mancanza di rispetto per la vita, quale si avverte in molti comportamenti inquinanti. Spesso le ragioni della produzione prevalgono sulla dignità del lavoratore e gli interessi economici vengono prima del bene delle singole persone, se non addirittura di quello di intere popolazioni. In questi casi, l'inquinamento o la distruzione riduttiva e innaturale, che talora configura un vero e proprio disprezzo dell'uomo. Parimenti, delicati equilibri ecologici vengono sconvolti per un'incontrollata distruzione delle specie animali e vegetali o per un incauto sfruttamento delle risorse; e tutto ciò - giova ricordare - anche se compiuto nel nome del progresso e del benessere, non torna, in effetti, a vantaggio dell'umanità”. Poi, bisogna superare l’ideologia che coloro che si occupano e,talvolta, si preoccupano dell’ambiente come le associazioni di categoria , ambientaliste,cattoliche, laiche, o i partiti politici  siano degli “untori” o , nel migliore dei casi, “ degli “imbonitori”, perché o non vogliono un certo sviluppo, o vogliono tenere tutto nella tutela, nella  “naftalina”. Il documento testé  citato, individua un percorso, una via d’uscita , infatti, al capitolo tredicesimo dice: "La società odierna non troverà soluzione al problema ecologico, se non rivedrà seriamente il suo stile di vita. In molte parti del mondo essa è incline all'edonismo e al consumismo e resta indifferente ai danni che ne derivano. Come ho già osservato, la gravità della situazione ecologica rivela quanto sia profonda la crisi morale dell'uomo. Se manca il senso del valore della persona e della vita umana, ci si disinteressa degli altri e della terra. L'austerità, la temperanza, la autodisciplina e lo spirito di sacrificio devono informare la vita di ogni giorno affinché non si sia costretti da parte di tutti a subire le conseguenze negative della noncuranza dei pochi. C'è dunque l'urgente bisogno di educare alla responsabilità ecologica: responsabilità verso gli altri; responsabilità verso l'ambiente. E un'educazione che non può essere basata semplicemente sul sentimento o su un indefinito velleitarismo. Il suo fine non può essere né  ideologico né  politico, e la sua impostazione non può poggiare sul rifiuto del mondo moderno o sul vago desiderio di un ritorno al «paradiso perduto». La vera educazione alla responsabilità comporta un'autentica conversione nel modo di pensare e nel comportamento. Al riguardo, le Chiese e le altre istituzioni religiose, gli organismi governativi, anzi tutti i componenti della società hanno un preciso ruolo da svolgere. Prima educatrice, comunque, rimane la famiglia, nella quale il fanciullo impara a rispettare il prossimo e ad amare la natura."* Giuseppe Faretra*Il messaggio integrale del XXIII Messaggio della pace del 1990  è scaricabile da Internet dal sito www.vaticano.va

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