ll pianto della Liberia
- Dettagli
- Pubblicato Venerdì, 30 Settembre 2005 00:00
- Visite: 2186
Sono migliaia uomini, donne e bambini che girano a zonzo a Monrovia, la capitale della Liberia, nazione ubicata tra Sierra Leone,Guinea e Costa d’Avorio, dilaniata da una feroce guerra civile.In varie zone della capitale i ribelli si scontrano periodicamente con le forze governative mercenarie del presidente Charles Taylor causando morti e feriti, ma anche stupri e violenze. I sopravvissuti girano cercando una sistemazione di fortuna, in modo da potersi riparare dal conflitto in atto. I rischi di epidemie e varie forme di malnutrizione sono molto alti, tra il silenzio o i sussurri dei mezzi di comunicazione sociale. Infatti, sono pochi gli occidentali rimasti in una delle aree più a rischio del Pianeta. La Liberia è ricca di legno pregiato come il mogano, il caffè, il caucciù, il cacao, ma anche l’oro e i diamanti (è la seconda nazione produttrice in Africa) fanno sì che il commercio delle armi serva a mantenere uno status quo,che favorisca una ristretta oligarchia sociale con il non rispetto dell’embargo sulle armi. L’analfabetismo si aggira al 65% della popolazione, il commercio sessuale e l’ingiustizia caratterizzano la realtà di gran parte della popolazione. Dov’è la Comunità e le istituzioni internazionali per promuovere il cessate il fuoco,un processo di pace e di sviluppo socioeconomico nazionale? Altrimenti, i rischi possono essere molteplici. Morti dovuti non solo a violenze ed uccisioni, ma anche da malattie, emigrazioni forzate nei Paesi viciniori ed anche, per chi potrà, clandestina in Europa. In questo contesto, serve una azione concertata e decisa a stabilire un processo democratico all’interno della società liberiana. Anche il Papa Giovanni Paolo II invitò, nel corso dell’Angelus di domenica 27 luglio 2003 ,ad avere una maggiore attenzione “alle tragiche notizie che arrivano dalla Liberia… Di fronte alle prove di quelle care popolazioni non possiamo che chiedere a tutti quelli che hanno un’arma nelle mani, di deporla, per ridare spazio al dialogo e all’azione concertata della Comunità internazionale”. Sono passati diversi anni quando, per caso, mi ho incontrato questo missionario genovese P. Mauro Armanino che prima di diventare religioso della S.M.A (Società Missioni Africane) aveva vissuto intensamente la sua vita laicale con varie forme di impegno civile e laicale: catechista, operaio,sindacalista nella FIOMM-CGL, volontario in Africa fino ad approdare alla scelta di diventare missionario. L’Africa, il sud America e di nuovo l’Africa sono stati i campi d’azione missionaria, ma l’ultima esperienza africana è in Liberia. Paese sconvolto da una sanguinosa guerra civile, dove l’intreccio di tornaconti di una stretta elite locale si mescolano con quelli più grandi di gruppi economici occidentali, lì il missionario è un segno di speranza. P. Mauro ci propone la sua testimonianza, di come il Vangelo si porta in un Paese lacerato. Com’è andata la tua esperienza in Liberia? E’ stata ,per così dire, un’esperienza inedita. Quando si parte in missione non si sa fino in fondo cosa si trova. Si può aver letto che ci sono stati dei problemi di guerra civile e di conflitti , sono argomenti descritti sui libri e sulle riviste! Invece ritrovarsi in pieno in una situazione di disgregazione sociale, di dittatura, di terrore,di quotidiana violenza ed addirittura di guerra come il conflitto dell’anno scorso, spiazza chiunque anche un missionario parte senza sapere che trova in definitiva… Questo avviene sempre più spesso , specialmente dove noi siamo presenti come congregazione religiosa(N.d.R. la S.M.A. Società Missione Africane)come in Costa d’Avorio , come in altri Paesi in centro Africa . Sembra che stia diventando una situazione “normale”…. Quali sono stati gli aspetti più salienti di questa missione? Sono stati marcati dalla situazione stessa del Paese… La presenza di una dittatura,non virtuale, ma reale fatta persone,di armi, di abusi, di prevaricazioni e di violenza,specie nei confronti delle persone. Il contesto è diverso rispetto a ciò che avevo finora vissuto come attività missionaria. Secondo le sfide stesse di una situazione ecclesiale di comunità nelle quali erano appena tornate dall’esilio e da campi profughi, quindi, di una reale difficoltà…Quindi, partire dalla distruzione che era stata perpetuata. Quindi, muoversi dalla stessa vocazione missionaria e domandarsi che cosa significa essere missionari in una situazione del genere considerando che la congregazione a cui appartengo è all’origine della Chiesa cattolica in Liberia circa un secolo fa. La nostra storia di missionari si identifica nel cammino della Chiesa in questo Paese. Questa è stata la prima nazione, dove la S.M.A. è stata coinvolta in una guerra civile e questo ha trovato un po’ tutti impreparati. Che cosa significa essere missionari in un contesto di guerra civile ? E’ un’altra bella domanda… La prima reazione magari è quella di scappare ,poi, di rimanere. Ho conosciuto alcuni confratelli che sono riamasti anche nel corso della precedente guerra civile del 1990 e, in seguito, sono ritornati nello stesso Paese caparbiamente , ricostruendo ancora da saccheggi con la stessa passione e la stessa volontà di servire il popolo . Talvolta, non basta solo stare, ma è importante piuttosto rimanerci con dignità e stile particolare, meno potente e più prossimo alle persone. Sono stato nei campi profughi nel corso della crisi,è stata un’esperienza unica per l’intensità e per la sofferenza che si incontrano e dalla sfida che si incontrano di trovarsi con cinquanta mila persone in pochi chilometri quadrati in condizioni subumane e parlare di speranza e celebrare la speranza ! In queste condizioni diventa una grossa sfida per un missionario! Qual è il ruolo della Chiesa in questa situazione ? Parlerei piuttosto delle Chiese nel contesto liberiano…Le Chiese protestanti sono molto presenti ! La Chiesa cattolica è una minoranza , si aggira intorno al cinquesei per cento , anche se dal punto di vista educativo e delle strutture il peso è maggiore rispetto al numero. Le Chiese protestanti sono maggioritarie , sono capillarmente presenti dalle più antiche la luterana, la metodista, la battista a quelle più recenti come la pentecostale ed altre. La Chiesa cattolica è soprattutto presente nelle attività educativa , come ho già detto, con scuole ben organizzate, nell’attività sanitaria e poi, in quella caritativa nelle parrocchie, dove sono molto attive le missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta ed anche con congregazioni religiose che si occupano prevalentemente dell’aspetto caritativo –assistenziale. In Liberia ci sono tre diocesi in un territorio che corrisponde ad un terzo rispetto a quello dell’Italia. I vescovi sono locali, c’è anche un clero locale, il seminario, che è stato saccheggiato un paio di volte, però abbiamo oltre venti seminaristi. Il futuro potrebbe presentarsi meglio! Certo, riamane la sfida di una situazione, in cui la Chiesa come istituzione , come opere è stata bersagliata non più né meno rispetto alle altre – forse un po’ di più perché ha mezzi superiori . Però, è necessario interrogarsi da queste vicende che cosa Dio vuole dire attraverso questi avvenimenti. Ha senso dare speranza davanti alle atrocità dell’uomo? Sì, a condizione di non offrire speranze a “buon mercato”. La speranza è difficile , costa, è probabilmente cresce dalle sconfitte , nasce da coloro che sono le vittime …Sono ferite che aprono feritoie e da quest’ultime che passa la speranza, non da grosse porte o da autostrade. C’è un poeta John Berger che dice( N.d.R. l’intervistato cita a memoria):”Il tempo dei vincitori è molto breve , il tempo delle vittime è interminabile”. L’Occidente civile e democratico quali colpe ha di questi conflitti regionali in Africa? Colpe,responsabilità,complicità… Ricordo il titolo di un libro pubblicato dal Centro per un nuovo sviluppo:”Predati, Predatori ed Opportunisti”. La prima responsabilità è quello del sistema che fa vivere anche noi , che produce poveri ed esclusi in questo Continente. E’ un sistema economico ingiusto, per esempio, dalle materie prime, nei prestiti in un sistema che continua a riprodurre ineguaglianze…. Un altro aspetto è che ci sono degli interessi specifici di gruppi, multinazionali, legati ai Paesi occidentali. Nel caso della Liberia, I diamanti, il legno , in passato anche il ferro, il caucciù nel commercio marittimo Monrovia (N.d.R. capitale della Liberia,circa mezzo milione di abitanti ,si affaccia sull’Oceano Atlantico) è uno dei paradisi fiscali del commercio marittimo, ottimo per lo scambio anche di armi, droga… I primi responsabili non sono in Africa, anche se hanno complicità locali. Un’altra responsabilità è legata all’informazione: spesso arrivano poche notizie , estremamente frammentarie che non aiutano a cogliere pienamente i motivi e le dinamiche di questo processo , ma si fermano ai motivi più eclatanti e mediatici. Si è parlato della Liberia per qualche giorno , poi, siamo ritornati nell’ oblio dei mezzi di comunicazione sociale. Per dirla come dice il subcomandante Marcos del Chiapas :” Per diventare visibili, abbiamo coperto il nostro volto , perché stavamo scomparendo come popolo e siamo apparsi davanti ai mass media”. Ci sono delle responsabilità dell’informazione! Questo populismo degli organismi umanitari , anche se senza dubbio forniscono servizi fondamentali nel corso dell’emergenza,si trovano tra due grosse opzioni: la prima quella di essere le “ambulanze” del sistema, la seconda è quella di far sì che queste realtà possano partire dal basso, dal popolo per avere spazi per esprimersi. Spero che ci sia più chiarezza su questa opzione. Dove sta andando la Liberia? E’ stato firmato un accordo di pace lo scorso agosto tra i due gruppi armati che hanno costretto Taylor (N.d.R. Ex presidente-dittatore della Liberia) a dare le dimissioni e a partire per un esilio dorato di trenta mila di dollari la settimana in Nigeria. Il governo di Taylor , la società civile e i partiti ovvero queste quattro parti si sono suddivisi i posti di responsabilità. E’ nato un governo di transizione che dovrebbe condurre in due anni a nuove elezioni.(N.d.R. Tra i possibili presidenti potrebbe essere l’ex giocatore milanista George Weah). Il tutto sotto la supervisione delle Nazioni Unite che in Liberia hanno attualmente la più imponente forza di pace al mondo con quindici mila caschi blu più gli impiegati impegnati in questa missione. Speriamo solo che questo tempo sia utilizzato bene!