Una guerra alla plastica

Una guerra alla plastica.

Il materiale largamente utilizzato in vari modi e forme sta facendo il suo tempo con lo sviluppo di nuovi materiali.

E’ un materiale largamente impiegato in varie forme e colori, si utilizza in vari luoghi e contesti… In sintesi, la plastica, l’Italia è stata tra i produttori con un impiego fino ai vari utensili domestici: dopo il secondo conflitto mondiale, le scoperte dettate da esigenze “militari” invadono il mondo civile. Gli anni ’50 vedono la scoperta delle resine melammina-formaldeide, lo si conosce sotto la denominazione commerciale di una specifica tra esse, la “Fòrmica”, che permettono di produrre laminati per l’arredamento e di stampare stoviglie a basso prezzo, mentre le “fibre sintetiche” (poliestere, nylon) vivono il loro primo boom, alternativa “moderna” e pratica a quelle naturali. Quegli stessi anni sono però soprattutto segnati dall’irresistibile ascesa del Polietilene, che trova pieno successo solo due decenni dopo la sua invenzione, sfruttando il suo più elevato punto di fusione per permettere applicazioni sino ad allora impensabili, e dalla scoperta di Giulio Natta nel 1954 del Polipropilene isotattico, a coronamento degli studi sui catalizzatori di polimerizzazione dell’etilene che gli varranno nel 1963 il Premio Nobel insieme al Tedesco Karl Ziegler, che l’anno precedente aveva isolato il polietilene. Il Polipropilene sarà prodotto industrialmente dal 1957 col marchio “Moplen”, rivoluzionando le case di tutto il mondo ma entrando soprattutto nella mitologia italiana del “boom economico”. Da allora, le plastiche hanno invaso non solo la nostra vita, ma hanno creato un forte impatto ambientale con la fine vita dell’uso degli oggetti plastici di utilizzo quotidiano, si è creato un problema di smaltimento, nonché l’inciviltà di alcuni cittadini hanno creato nuove forme di inquinamento specie nelle parti periurbane o di accesso delle nostre città, non solo talvolta, nelle acque, tanto che è possibile trovare le microplatiche nei pesci. Un’inversione, però, è lentamente iniziata: con il primo gennaio 2011 è entrato in vigore il divieto di commercializzare i sacchetti di plastica verso sacchetti biodegradabili si intendano esclusivamente quelli che rispondono ai requisiti di biodegradabilità e compostabilità definiti dalla norma UNI EN 13432. Dal primo gennaio di quest’anno sono stati banditi i bastoncini per la pulizia delle orecchie. Gradualmente vedremo scomparire piatti e stoviglie monouso in plastica. In questo modo, si eviterà l'emissione di 3,4 milioni di tonnellate di anidride carbonica, si scongiureranno danni ambientali per un costo equivalente a 22 miliardi di euro entro il 2030, si genereranno risparmi per i consumatori nell’ordine dei 6,5 miliardi. Oltre a questo, dice sempre la Commissione europea, “le future regole offriranno la chiarezza, la certezza del diritto e le economie di scala di cui le imprese hanno bisogno per imporsi nei nuovi mercati delle alternative innovative multiuso, dei nuovi materiali e dei prodotti di migliore concezione”. Legambiente sensibilizza verso una conversione più ecologica, mettendo in moto dei cambiamenti nelle abitudini che partono dalle scelte dei cittadini: dalla scelta dei materiali, è possibile sostituire, per esempio, le stoviglie monouso con quelle in amido di mais compostabile, prodotto in Italia, anche in questo campo, come quello di portarsi la sporta da casa, quando si fa la spesa o utilizzare borse o buste di materiali composti, più resistenti, ma non monouso. E’ necessario inserire nei capitolati pubblici di mense, ospedali e d’interesse pubblico, materiali compostabili per produrre meno rifiuti che possano andare in discarica. I comportamenti collettivi possono generare nuovi stili di vita. Su questo ci vuole l’impegno di tutti.

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