Biomasse a Corato

Biomasse a Corato  

Dubbi sulla localizzazione dell’impianto proposto dal Gruppo Casillo   In arrivo le osservazioni   Il circolo Legambiente di Corato, impegnato in questi giorni nello studio approfondito del progetto di centrale a biomasse, proposto dal Gruppo Casillo, fa una prima valutazione. Innanzitutto una premessa. Le biomasse sono una fonte rinnovabile importante per garantire il mix energetico sostenibile, che la Puglia e l’Italia dovranno utilizzare per sostituire gradualmente le fonti fossili. Tuttavia, è necessario che tali impianti rispondano a due requisiti fondamentali, ossia: che si tratti di impianti di potenza non superiore ad 1 MW elettrico e che gli impianti utilizzino per il 100% biomassa recuperata in un raggio di 70 Km, ossia siano a filiera corta. Questo per evitare l’importazione della biomassa e garantire un saldo attivo nel bilancio di emissione della CO2. Inoltre, è opportuno che gli impianti siano localizzati in aree industriali, dismesse ovvero in aree già compromesse sotto il profilo ambientale. Sulla base di queste premesse, oltre alla questione della taglia dell’impianto, infatti si tratta di una centrale da 3,2 MW elettrici, la questione più rilevante, che emerge da una prima lettura della documentazione, è quella relativa alla localizzazione dell’impianto. A tal proposito, è opportuno precisare che il sito individuato si trova a circa 5 Km di distanza dal centro abitato e rientra in un ambito definito dal PUTT/P di “Tipo C”,  il che significa che si tratta di un area dal valore paesaggistico “distinguibile”, quindi dotato di un buon grado di contenuto paesistico e di un discreto grado di sensibilità paesistico‐ambientale; inoltre, il sito rientra in piena “Zona E” (zona agricola) del PRG vigente, in una fascia di territorio dove sono presenti numerose coltivazioni di vigneti e uliveti iscritti negli elenchi delle coltivazioni a Denominazione di Origine (D.O.). Alla luce di questi primi rilievi, la localizzazione scelta per l’insediamento appare sicuramente poco felice in quanto è indubbio che la centrale vada ad operare una trasformazione pressoché permanente del territorio, in un area caratterizzata dalla presenza di produzioni agricole anche di qualità. Infatti, dato che si prevede che l’impianto abbia una durata di circa 30 anni, è evidente che il ripristino dei luoghi, una volta finito l’esercizio dell’impianto, risulta se non impossibile quanto meno molto improbabile. Peraltro, il tema della localizzazione in zona agricola implica necessariamente l’altro aspetto legato alla provenienza della biomassa utilizzata dall’impianto. A tal proposito, è importante sottolineare quanto precisato nel Regolamento Regionale n. 12 del 14 luglio 2008, “Regolamento per la realizzazione degli impianti di produzione di energia alimentata a biomasse”, nel quale viene indicato come prioritario, per la localizzazione degli impianti, l’utilizzo di siti industriali già esistenti, anche nell’ambito dei piani di riconversione di aree industriali, mentre la possibilità di realizzare impianti in zona agricola è subordinata all’utilizzo di biomasse derivanti da filiera corta. È opportuno precisare che i criteri di individuazione della filiera corta, indicati dalla normativa regionale, definiscono come impianti da filiera corta quelli che utilizzano biomassa locale solo per il 40%, ossia biomassa recuperata nel raggio di 70 Km dal luogo della centrale, mentre non è previsto alcun limite per il restante 60%. Su questo aspetto, la documentazione fornita nel progetto non permette di operare una puntuale valutazione circa l’approvvigionamento della centrale, data la mancanza del Piano di approvvigionamento che invece, ai sensi sempre dell’R.R. n. 12/2008, deve necessariamente essere prodotto. Nella documentazione si fa solo un generico richiamo al fatto che la biomassa deriverà per il 100% dalla lavorazione del grano (farinaccio e crusca), mentre nulla si dice in riferimento proprio al Piano complessivo di approvvigionamento dell’impianto. Tale carenza è facilmente riscontrabile dalla lettura della tabella riassuntiva dello Studio di Fattibilità dove è precisamente indicata la mancanza di suddetto Piano. La questione della localizzazione dell’impianto e della provenienza della biomassa inducono a riflettere , a loro volta, sul tema dell’impatto sul traffico e sulla viabilità. Nel progetto ci sembra che tale aspetto sia stato quantomeno sottostimato, tanto da essere definito irrilevante, senza che sia stato prodotto uno studio attento e puntuale sull’appesantimento della rete viaria, dovuto ai mezzi che  trasporterebbero la biomassa. Infine, visto che l’impianto sorge a confine con territorio di Ruvo è utile che anche il Comune di Ruvo sia coinvolto nella procedura di VIA come espressamente previsto dall'art. 23, co. 3 del Dlgs 152/06. “Questi sono alcuni primi elementi di criticità emersi dalla lettura della documentazione – concludono dal Circolo – ma ci riserviamo di fornire ampie e più dettagliate osservazioni sul progetto, oggi allo studio anche dell’Ufficio Scientifico Nazionale di Legambiente. In questa fase siamo convinti che sia necessario da un lato approfondire gli aspetti tecnici del progetto, al fine di dare una corretta valutazione complessiva dell’impianto, e dall’altro aprire una riflessione più generale sul futuro del nostro territorio;  forse è arrivato il momento di evitare inutili appesantimenti in aree di pregio, che potrebbero essere valorizzate sotto l’aspetto della qualità delle produzioni e dell’offerta turistica e di cominciare ad immaginare un futuro diverso per le nostre campagne ostaggio ancora della cementificazione selvaggia e del consumo di suolo”   L’Ufficio Stampa                                                                   

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