Storia recente del Parco Nazionale dell’Alta Murgia

 L’idea di Parco nasce prima dai movimenti pacifisti per opporsi ai poligoni militari (1985 e 1987) e poi per difendersi da altri degradi (cave, spietramento, depositi di scorie radioattive ecc.).

In una seconda fase si sono ricercate le valenze storico- culturali di questo territorio che ne giustificasse l’istituzione di un parco. Com’è ovvio qui le valenze naturali non erano così preponderanti come in altre aree (Gargano o Pollino) e quindi si è optato per la caratterizzazione di un “parco rurale” finalizzato alla promozione e riqualificazione dell’attività agro-silvo-pastorali più che di quelle “naturali”.

Nel 1991 la zona dell’Alta Murgia fu inserita tra le “aree di reperibilità ” della Legge Quadro sulle aree protette (L394/91) ed inizio un difficile iter istitutivo.  Nella conferenza di servizio del 1993 le associazioni ambientaliste storiche (Legambiente, WWF, Italia Nostra) cercarono una  perimetrazione che comprendesse da un lato le valenze naturali (habitat, boschi, elementi geologici, grotte, gravine ecc.) e dall’altro anche i vincoli esistenti (paesaggistico, monumentale, forestale, idrogeologico, usi vivici, aree del PRA ecc.).

Bisogna aspettare l’art.2 della L.426/1999 si preveda l’istituzione del parco dell’Alta Murgia entro 180 gg. e si autorizzava anche una spesa totale di 6,5 Mld di lire per l’istituzione ed il funzionamento del Parco.

Nel maggio 1999 la Legambiente Puglia promuoveva un “protocollo d’intesa per il Parco Nazionale dell’Alta Murgia”  che è sottoscritto dalle associazioni ambientaliste Italia Nostra e WWF, dai sindacati CGIL-CISL-UIL e dalle associazioni agricole Coldiretti - CIA -Confagricoltura.

Sempre nel novembre dello stesso anno la Legambiente Puglia e Nazionale avanzavano una proposta di perimetrazione, di zonizzazione e le misure di salvaguardia del Parco.  

La questione si è quindi incentrata sul tipo di sviluppo di quest’area interna e marginale. Da un lato lo sviluppo di rapina delle risorse, ma con ricadute occupazionali immediate e dall’altro uno sviluppo sostenibile, quello del Parco, autocentrato sulle vocazioni dell’area di cui oggi è difficile valutare le ricadute occupazionali e i vantaggi ambientali.

Il Parco ha dei valori ambientali e culturali che gli stessi agricoltori ed operatori turistici  oggi riconoscono, tanto è vero che vogliono sfruttarli in modo distruttivo senza pero ammettere limitazioni di sorta.

Oggi è possibile sviluppare "un'economia del Parco” puntando sui caratteri distintivi dell’area e sui settori ambientali, che si contrapponga in modo credibile allo sviluppo distruttivo dell’Alta Murgia?

Questo è il nocciolo della questione poiché lo sviluppo di rapina è basato l’intervento diretto dei privati ed invece lo sviluppo sostenibile ha bisogno di finanziamenti almeno iniziali per poi essere in grado di attivare un circolo virtuoso nel quale le attività istituzionali del parco e quelle economiche direttamente legate (centri visita, itinerari ecc.) siano remunerative per il parco e anche per l’iniziativa privata (cooperative, imprese, aziende).

Ed a esempio un' attività di ricettività rurale (turismo rurale, agriturismo ecc.) può ricevere un finanziamento iniziale per il riattamento delle strutture e l’arredo, ma poi una volta a regime i ricavi dell’attività (ospitalità, ristorazione, vendita prodotti, servizi complementari ecc.) devono coprire sia i costi di gestione e sia la quota di investimento per il ristrutturazione.

Se ipotizziamo il riuso per ricettività rurale di solo 200 delle 411 masserie presenti nel Parco servirebbero 15 Mld per riattare e più altri 4 Mld  per arredo ed attrezzature. Si realizzerebbero così 2000 posti letto e si occuperebbero 1000 U.L, a fronte di un costo di gestione annuale 550 Mln  ed un ricavo netto totale 1,3 Mld/anno.

Si può quindi ritenere che in un’area parco tipo l’Alta Murgia le attività istituzionali e quelle ad esse collegate da sole non posso bastare ad attivare un economia sostenibile. Sarà necessario da subito che i Comuni che costituiranno la Comunità del Parco comincino a pensare oltre alla tutela anche al futuro “Piano pluriennale economico e sociale” che sviluppi un’economia sostenibile di tutti territori comunali interessati e non solo della porzione rientrante nel Parco.

Ad esempio le aziende  operanti nell’area con l’aiuto del Parco potrebbero sperimentare tecniche di risparmio energetico e uso di energia alternative a basso impatto ambientale, recupero ambientale e paesaggistico con tecniche di ingegneria naturalistica, riduzione dei consumi di acqua  e riuso con la fitodepurazione, ridurre la produzione di rifiuti e utilizzo di compost in agricoltura, restauro e recupero monumentale anche con tecniche di bioarchitettura, artigianato locale, prodotti biologici, trasformazione e commercializzazione di prodotti tipici dell’area del parco, ecc.

Si potrebbe creare un concorso di idee per la creazione di un logo per il parco che possa essere stampato sui prodotti della zona in modo che si possa creare la tipicità del prodotto definendo l’area di provenienza.

Bisogna impegnarsi per attivare  un circuito virtuoso del Parco avviando iniziative “Per un’economia del parco dell’Alta Murgia” nei 13 comuni dell’area con il contributo dei sindacati, degli ambientalisti, delle  aziende e di tutti i cittadini.

 

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