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Pubblicato Giovedì, 19 Giugno 2014 11:37
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Perché i rifugiati sono un mondo a parte
L’esperienza di padre Mauro Armanino tra i migranti
Le cronache sulle varie situazioni dei migranti si occupano di tutte le tematiche del giornalismo: da quello più ampio di natura sociale a quello della cronaca nera fino a quella giudiziaria. Purtroppo, i nostri Media non si occupano in modo adeguato delle situazioni sociali al di là dei nostri confini a sud, come la politica che preferisce governare le emergenze ha un impatto più forte ed immediato e si va in deroga a leggi e si può gestire senza lacci e laccetti. Ho tradotto questo pezzo di padre Mauro Armanino, ( vedi i blogs: http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/marmanino/ e http://www.missioni-africane.org/1082__Il_blog_di_p_Mauro ) che condivide esperienze di vita con i migranti, perché credo che attraverso le testimonianze allegate si possa andare al di là dei luoghi comuni. Non è possibile ancora vedere scene di intolleranza nella nostra nazione! Con persone soffiano sulle inquietudini e le instabilità dei nostri tempi.
Giuseppe Faretra
I rifugiati sono un mondo a parte?
Alcuni sono tra noi. Altri possono passare anni in alcuni campi di transito o di soggiorno. Alcuni non sono da nessuna parte o in qualche parte del mondo. I rifugiati sono loro stessi ”un mondo a parte” o una parte del mondo ? Non hanno scelto di lasciare l loro Paesi: sono stati costretti a salvare una vita che era in pericolo. Sono “un mondo a parte” a causa della loro situazione che li rende degli esuli permanenti. Non sono più nei loro Paesi e non si sentono di far parte del Paese, dove ora vivono. E’ un transito permanente. Per questo motivo, il 20 giugno di ogni anno si celebra la Giornale Mondiale dei Rifugiati, diventando un simbolo del nostro mondo. E’ il mondo dove le guerre, l’economia e lo sfruttamento delle risorse determinano delle esclusioni sempre più forti. Anche se i rifugiati sono anche una parte del mondo. Di questo mondo dove per esistere è necessario fuggire, per avere un futuro, è necessario avere degli occhi capaci ad ascoltare. E’ questo il senso del nostro dibattito odierno di idee.
Mauro Armanino
Testimonianze
Marie Laure
Sono qui con i miei due figli. In Costa d’Avorio vivevo bene e non mi mancava niente. Ho perso tutto. Quando sono arrivata qui, ero sola. Mi sono ritrovata in Niger, senza rendermi conto. Ogni giorno mi ricordo quando ero a casa mia. Ho iniziato a lavorare come domestica, lasciando i miei bambini ai vicini. Dopo quattro anni posso dire che siamo vivi grazie a Dio ed alla solidarietà di tutte le persone. E’ necessario adattarsi a qualsiasi lavoro e condizione. In particolare, è la ricerca della casa che costituisce un problema serio a Niamey. Per il momento, i bambini vanno scuola e crescono qui. Spero di trovare una scuola migliore per loro. In vista delle prossime elezioni non ho nessuna intenzione di ritornare nel mio Paese. Tra l’altro mio figlio è ancora traumatizzato per quello che vissuto durante la guerra. Ho avuto dopo due anni di attesa, il mio status di rifugiata.
Miriam
Sono arrivata a Niamey con la mia figlioletta il 22 febbraio 2009. Questo è accaduto a causa della guerra nel mio Paese, la Repubblica Democratica del Congo, ho perso tutto. I miei quattro bambini non so dove sono. Ho lasciato il Paese per il Mali e poi in Niger. Una delle mie figlie è stata a lungo in Mali e sono andata per cercarla di nuovo per portarla qui con me. C’è una sofferenza continua quando si guarda il passato e il presente: non abbiamo nulla in mano! Da quando sono arrivata soltanto i religiosi e le religiose mi hanno aiutato. Mi ci è voluto un po’ di tempo, prima che il mio status fosse riconosciuto. Per dare da mangiare ai miei figli, ho fatto la donna delle pulizie. Ma spesso il padrone o la padrona ti chiedono sempre di più. La lavanderia, la cucina e il salario non cambia. Quando si fanno delle osservazioni, ti mettono alla porta. Questo è già accaduto tre volte qui a Niamey! Trovare una casa, non è facile. 35 mila franchi al mese (N.d. T: 55 Euro circa) e il resto per il cibo e le esigenze dei bambini. SI sopravvive per Grazia di Dio.
Jennifer
Era il 24 marzo 2013 quando i ribelli Séléka entrarono a Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana. * Ritornando a casa, ho visto il corpo di mio marito per terra sul pavimento. I bambini non erano più lì. Corsi per trovarli ovunque e mi sono ritrovata in Camerun. Da lì, seguendo la corrente e un’amica sono arrivata a Niamey. Quando sono giunta mi sono recata immediatamente alla cattedrale cattolica per chiedere aiuto. L’ho ricevuto e quello mi ha permesso di una piccola casa, un lavoro e la possibilità di recuperare i miei bambini che erano in un campo profughi in Camerun. Ora sono tutti qui con me. La più grande, ora ha 16 anni, è stata violentata da un ribelle e ferito un braccio. Ha dato alla luce un bambino che viene su bene. Ho avuto molto presto il documento della Croce Rossa e quello mi ha permesso di beneficiare di aiuti specifici per l’educazione dei miei figli. Spero di fare una nuova vita qui.
Fermiamo immediatamente il massacro
L’Europa nasce o muore nel Mediterraneo
La pace, la sicurezza, il benessere sociale ed economico possono essere raggiunti solo nel rispetto dei diritti umani universali di ogni donna e di ogni uomo. L’area del Mediterraneo è una polveriera e il mare è orami un cimitero a cielo aperto. Dall’inizio del 2015 nel Mediterraneo sono oltre 1.700 morti. L'Europa, per la storia, la cultura, la geografia e del commercio, è parte integrante di questa zona, ma sembra aver perso la memoria. Il dramma dei rifugiati e dei migranti, ma l'abbandono alle organizzazioni criminali, il dibattito su come, dove e chi colpire per impedire l'arrivo di uomini e donne in cerca di rifugio o una vita dignitosa in Europa, non è che l'ultimo atto che dimostra la mancanza di visione politica da parte dei governi europei. Questa situazione drammatica ha delle responsabilità precise: le scelte politiche e le leggi dei governi europei, che non permettono alcuna via d’accesso sicura e legale nel territorio europeo. La risposta dell’UE, ha confermato nell’Ordine del giorno europeo sull’immigrazione, propone nuove soluzioni che hanno già dimostrato di essere miopi e di produrre degli effetti opposti rispetto agli obiettivi dichiarati. Il fatto di aumentare le risorse per avere più controlli e più mezzi per pattugliare le frontiere, invece di salvare le vite umane, è sbagliato e non arresterà le persone che vuole partire per l’Europa. I conflitti irrisolti e le guerre hanno prodotto finora più di quattro milioni di rifugiati palestinesi, circa duecento mila del Saharawi, accampati nel deserto algerini, nove milioni siriani tra sfollati e rifugiati, due milioni di profughi irakeni. Per anni c’è un flusso di uomini e donne dell’Afghanistan e dall’inferno della Libia, e di persone che sono in fuga dalla Somalia, dall’Eritrea, dal Sudan e dagli altri Paesi africani. Dietro le storie di queste persone, non c’è solo la povertà, le malattie, le dittature e le guerre, ma anche degli interessi politici ed economici internazionali. Le guerre, le povertà, il saccheggio delle risorse naturali, lo sfruttamento economico e commerciale, le dittature sono le cause delle migrazioni contemporanee. Essere liberi di muoversi, la migrazione deve essere una conquista di umanità, non un vincolo. L’Europa deve costruire una risposta di pace, di convivenza, la convivenza, il benessere sociale ed economico, ispirandosi ai principi di solidarietà e di abbandonare le politiche di sicurezza, di austerità, degli accordi commerciali neoliberisti, della privatizzazione dei beni comuni. L’Europa deve investire per un lavoro dignitoso, nella giustizia sociale, nella democrazia e la sovranità dei popoli. Noi siamo l’Europa. Dobbiamo costruire l’Europa sociale e solidale. Per uscire dall’emergenza e costruire l’Europa del futuro, proponiamo dieci priorità.
1- L’Unione Europea deve attivare immediatamente una ricerca e un programma di salvataggio nella zona mediterranea.
2- E’ necessario immediatamente ritirare tutte le ipotesi di intervento armato contro navi o barche, che non solamente mancano di ogni legittimità, come ha confermato il segretario dell’ONU Banki-Moon, ma è anche in grado di produrre solo più morti e di favorire nuovi conflitti. E’ necessario abbandonare l’ennesimo strumento di una più grande strategia di esternalizzazione delle frontiere europee.
3- E’ necessario aprire immediatamente i canali umanitari e le vie di accesso legali nel territorio europeo, l’unico modo realistico per evitare la morte e la lotta è quella di evitare i viaggi della morte e combattere gli scafisti. E’ necessario attivare contemporaneamente la direttiva 55/2001, garantendo anche uno strumento di protezione europeo, che consentono la gestione di flussi straordinari e la circolazione dei rifugiati nel territorio dell’Unione Europea.
4- Bisogna sospendere il trattato di Dublino e permettere ai rifugiati di scegliere il Paese dove andare, sostenendo economicamente, da un fondo europeo “ad hoc” l’accoglienza in questi Paesi sulla base della ripartizione dei rifugiati. Tutto questo nella prospettiva di arrivare presto ad un sistema unico europeo d’asilo e di accoglienza condiviso da tutti gli stati membri.
5- Nell’attesa di un sistema europeo unico, è necessario realizzare in tutti i Paesi membri, un sistema stabile, unitario e comune per piccoli gruppi chiudendo definitivamente la stagione dell’emergenza permanente e i grandi centri di accoglienza, che hanno prodotto e producono sia la corruzione sia l’appropriazione indebita dell’accoglienza. Un sistema pubblico che metta al centro la dignità delle persone, con la partecipazione dei territori, dei comuni, con delle persone competenti, delle procedure trasparenti e dei controlli indipendenti.
6- E’ necessario intervenire in numerose zone di crisi per trovare soluzioni di pace, senza ulteriori guerre o sostenere dittatori vecchi e nuovi, promuovendo la risoluzione dei conflitti e le transazioni democratiche, la protezione civile e disarmata, le azioni non violente, i Corpi della pace, il dialogo tra le differenti comunità.
7- E’ necessario sospendere gli accordi - come il processo di Rabat e Khartoum - con quei governi che non rispettano i diritti umani e le libertà, bloccando immediatamente la fornitura di armi.
8- E’ necessario programmare interventi di cooperazione per lo sviluppo locale sostenibile nelle zone più povere, dove lo spopolamento e la migrazione sono endemiche e non devono permettere alle multinazionali di utilizzare i programmi europei di aiuto allo sviluppo per interessi privati.
9- E’ necessario sostenere un grande piano di investimenti pubblici verso un'economia di pace, un lavoro dignitoso e per la conversione ecologica.
10- E’ necessario sostenere la rinegoziazione dei debiti pubblici e l’affrancamento di quelli non esigibili o di prodotti da accordi o di gestioni di favore o di corruzione. Salvare vite umane, proteggere le persone, non i confini!
Traduzione dal francese di Giuseppe Faretra
° http://www.notiziegeopolitiche.net/?p=52764