Piazza Di Vagno: la nostra proposta

Piazza Di Vagno: la nostra proposta

Tra progetti e programmazioni: semplici idee chiare che rispettino la nostra storia.

Per Legambiente non è la prima volta. Nel corso degli oltre venticinque anni di attività del circolo, diverse iniziative sono state attuate per valorizzare e promuovere il nostro patrimonio storico, culturale e naturalistico della nostra città, vedendo nascere e passare diverse amministrazioni comunali di ogni colore, dalla prima alla fantomatica seconda Repubblica.

 

Ricordiamo: per esempio, l’impegno vincente per ottenere il vincolo archeologico su villa Torre Paone, in cui insistono resti di un insediamento Neolitico, secondo il D.M.25/11/1998, ai sensi della legge 1089/1939 o nella promozione e nella sensibilizzazione dell’area archeologica di san Magno, portando eventi di Murgia Pulita, in collaborazione con l’ente Parco ed altre realtà sociali, per gli eventi di Puliamo il Mondo, in cui, non solo abbiamo guidato cittadini e studenti nell’area archeologica, ma, si è promossa una conoscenza del territorio ai più, purtroppo, sconosciuta. Il piano di Piazza Di Vagno risulta nella redazione di esecuzione del progetto esecutivo, di un pool di professionisti, appare, già, eseguito dal luglio 2011, per un importo dichiarato su un curriculum vitae di uno degli tecnici, per l’importo di € 1.482.000,00 all’interno di un “Programma integrato per la rigenerazione urbana” del Comune di Corato. Dai risultati dei vari interventi pubblici nel Consiglio Comunale apprendiamo che il progetto sarà modificato in base alla relazione archeologica. Ma, i professionisti incaricati non sapevano della presenza in passato dei manufatti fino ad un secolo fa? Notando e constatando la situazione in atto, abbiamo pubblicamente chiesto l’intervento di un archeologo, che è stato indicato in corso d’opera, individuato in fretta e furia, da quanto è emerso nel corso del consiglio comunale, sembra e pare, che sia emerso nel dibattito un fantomatico “segreto archeologico”, ignoto anche tra le fattispecie giuridiche e noi aggiungiamo, nemmeno di una sorpresa archeologica, che si può ravvisare quando all’interno di un sito, all’improvviso, si rinvengono manufatti di una certa importanza del passato. Da quanto è risultato nel corso della massima assise comunale, la determina di incarico all'archeologa, invece, «non è esecutiva perché ancora in attesa del parere contabile». Pertanto, l'archeologa che lavora nel cantiere di piazza Di Vagno non ha o non abbia avuto, un contratto di lavoro, e, quindi, pare che lavori o abbia lavorato a nero, da quanto apprendiamo dagli organi di informazione, sia emerso nel corso del Consiglio Comunale del 20 luglio u.s. Per una serie di motivi, a questo punto, la situazione della Piazza sembra la tela di Penelope, che si cuce e si scuce giorno per giorno, secondo le opportunità: sembra che sia chiaro che si stia cercando il filo di Arianna, di cui pubblicamente non si conoscono dati e le informazioni ufficiali di ciò che è stato ritrovato, del valore e della valenza degli stessi ritrovamenti. A questo punto, abbiamo chiesto ufficialmente l’intervento della Soprintendenza dei Beni Monumentali e del Paesaggio per far luce sulla situazione, chiedendo ufficialmente al Ministero competente di intervenire, come organo istituzionalmente preposto alla valutazione della situazione in atto, a cui non può essere posto alcun veto da enti locali, in cui è previsto anche una forma di riconoscimento economico. Legambiente è un’associazione che tutela gli interessi, collettivi, pubblici e diffusi, riconosciuta ad ogni livello, per questo motivo operiamo nell’ interesse della nostra comunità, non solo per la tutela e valorizzazione degli spazi coinvolti di pubblico interesse, ma di fondi pubblici che risultano già da cinque anni, in un certo qual modo, impiegati. Ricordiamo che nella Carta del Restauro di Amsterdam (1975) è scritto, tra l’altro: “(…) La pianificazione urbana e l’assetto territoriale devono integrare le esigenze della conservazione del patrimonio architettonico e non trattarla più in maniera frazionata o quale elemento secondario, come spesso accadde in un passato recente. Perciò è diventato indispensabile un dialogo permanente tra pianificatori e conservatori. Gli urbanisti debbono riconoscere che gli spazi, non essendo equivalenti, bisogna trattarli secondo i loro caratteri specifici”. Su questo dialogo aperto, franco, partecipato, crediamo da sempre, peccato che politici, pianificatori pongano un paravento non sappiamo per quali ragioni.

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